di Valeria Caldelli

Livorno, 20 marzo 2013 - Questa sera al teatro Goldoni di Livorno la replica di "Falstaff e le allegre comari di Windsor", nella regia di Andrea Buscemi.

Tour della Toscana per la nota commedia di Shakespeare  cominciato l'8 marzo con un'anteprima a Montecarlo, poi approdato a Le Laudi di Firenze per proseguire a Livorno.

Domenica 24 aprile la tournée si chiude al Teatro Verdi di Pisa.

Tra gli interpreti, accanto allo stesso Andrea Buscemi, nei panni di Falstaff,  ci sarà Roberto Ciufoli, comico romano, tra i componenti della Premiata Ditta in onda in tv fino al 2006, che interpreta Mister Ford, il geloso marito di una delle due comari. Con loro sul palco anche Nicola Fanucchi, Renato Raimo, Livia Castellana, Alessia Innocenti, Martina Benedetti, Alessio Sardelli, Paola Lorenzoni, Marcello Moravia.

La commedia è la seconda di una trilogia dedicata a Shakespeare e alle differenze negli uomini, sostenuta da Peccioli Teatro e dalla Fondazione Teatro di Livorno. Lo scorso anno la compagnia aveva messo in scena "Il mercante di Venezia" mentre per l'anno prossimo è previsto l'allestimento del Riccardo III.

Shakespeare, l'uomo e la diversità i temi del progetto che lei ha ideato. Perché ancora una volta Shakespeare?

"Perché le sue sono storie eterne, nate dalla mente di un genio, che possono essere trasportate anche ai giorni nostri. Sono storie dinamiche, umane, una fotografia dell'essenza dell'uomo in qualsiasi epoca. Tanto è vero che  noi abbiamo ambientato la commedia  in epoca più recente, più vicina a noi, come avevo già fatto lo scorso anno con 'Il mercante di Venezia'. Pur essendo stati scritti nel Seicento,  questi testi si trasportano molto bene nell'Ottocento e potrebbero essere ambientate anche nella società attuale. Quanti Falstaff conosciamo, vecchi, ma con i soldi, che fanno di tutto per ottenere le grazie di giovani donne. E quanti usurai come Shylock, popolano le nostre strade...."

Il testo, dunque, è rimasto intatto?

"L'originale durerebbe 3 ore. Lo abbiamo ridotto a 1 ora e 45 minuti, togliendo due personaggi che appartengono a storie parallele. Si tratta di tagli   che non modificano assolutamente il soggetto  principale.  Inoltre  abbiamo posto molta attenzione al lato umoristico della commedia"

Perché la scelta di tagliare?

"Perchè nella Londra del Seicento si stava al teatro tutto il pomeriggio e poi vi si restava anche fino a notte. A teatro si faceva tutto, compreso mangiare e bere. Tanto è vero che le storie parallele venivano inserite volontariamente da Shakespeare proprio per allungare i tempi. Noi abbiamo problemi opposti. I nostri tempi, infatti, seguono i ritmi televisivi e quindi c'è l'esigenza di condensare. Qualche volta Luca Ronconi si permette spettacoli lunghi, ma alla fine il teatro è vuoto perché la gente è scappata".

E' la sua prima volta nei panni di Falstaff?

"Sì. Altre tre volte ho 'frequentato' la commedia, una volta con Mario Carotenuto e un'altra con Giorgio Albertazzi. Ma è la prima volta che approdo al personaggio principale"

Senta, ma il teatro in Italia come sta?

"Male. L'Italia è un caso patologico, molto peggio di altre nazioni. Qui si vive ancora il teatro come un obbligo scolastico, non si riesce a farlo proprio. Purtroppo ci si va ancora per indossare la pelliccia e vedere gente. La crisi culturale, comunque, non riguarda solo il teatro. Chiudono le sale cinematografiche, chiudono le librerie. Il momento è estremamente difficile".

La Toscana sta un po' meglio di altre regioni?

"Neanche per sogno. Anche la Toscana è patologica, non mi sembra proprio di vedere dei segnali di ripresa"

Come fa, allora, una piccola compagnia come la sua?

"Oggi è difficile fare spettacolo senza avere una forza economica, ma anche politica, alle spalle. E io non ce l'ho, non ho mai avuto niente. Il 'progetto Shakespeare' è stato finanziato grazie al privato, attraverso l'associazione 'Peccioli Teatro'".

Quanto è costata la messa in scena delle Allegre comari di Windsor?

"50mila euro. Che non sono molti, ma erano comunque necessari. Alla fine abbiamo avuto, come sempre, soddisfazioni non solo di pubblico, ma anche economiche. Lo spettacolo, insomma, non è in rosso. Però si resta sempre sul 'chi va là'".

Lei, toscano di Pisa, non ha riconoscimenti dalla sua città?

"Vedo una miopia un po' diffusa, però con qualche differenza. Livorno, ad esempio, ha 'sposato' questa produzione. Lucca e altre piccole municipalità della Toscana hanno partecipato ad alcuni progetti. Pisa è più chiusa delle altre città. Oppure, purtroppo...nemo profeta in patria"