Da Volterra a Chicago, la storia di Luca: "Ho lasciato tutto per il blues"

Un lavoro in una farmacia tra le più antiche d'Italia, poi la svolta. e ora suona con i mitici Toronzo Cannon

Luca Chiellini

Luca Chiellini

Chicago, 11 gennaio 2017 - Ha lasciato il lavoro tranquillo nella storica farmacia di famiglia (che esiste dal XIV secolo) a Volterra per inseguire un sogno, un sogno blues, e lo ha realizzato. E’ la storia di Luca Chiellini, che in molti ricorderanno con la sua band Maniscalco Maldestro, adesso a Chicago con un gruppo storico: i Toronzo Cannon. E il 27 gennaio per il pianista e hammondista sarà un altro giorno da ricordare: suonerà al Buddy Guy’s Legends, storico tempio blues della “Windy City”.

Prima di arrivare negli Stati Uniti, in Italia Chiellini ha avuto aperture importanti, con Vasco Rossi all’Heineken Jammin Festival 2008, Elio e le Storie Tese all’Italia Wave 2008, B.B. King al Pistoia Blues 2012 e Mac Arnold, storico bassista di Muddy Waters, al Torrita Blues Festival. Importante anche l’evento per Marc Marquez e la Honda Racing a Misano al Circuito della Moto Gp nel settembre 2013, con il video della performance diventato virale online.

Luca Chiellini e Toronzo Cannon
Luca Chiellini e Toronzo Cannon

Chiellini, com’è arrivato ai Toronzo Cannon?

"Arrivato a Chicago ho iniziato a suonare con tante band diverse, festival e tour, e alla fine Toronzo Cannon mi ha notato e mi ha chiamato nella sua band. Toronzo è uno showman, chitarrista, cantante di grande energia, ha subito apprezzato la mia energia sul palco e il mio modo di suonare aggressivo e volto a intrattenere il pubblico".

E il blues come è entrato nella sua vita? 

"Il mio primo insegnante di piano, David Dainelli, mi ha esposto a diversi generi musicali fin da subito (tranne la classica!), dandomi un’impronta molto live, e senza neanche pensarci mi sono trovato ad ascoltare dischi blues. Nessuno suona nella mia famiglia e ho fatto tutto da solo: durante una vacanza in Canada nel 2010 ho visto un concerto del chitarrista brittanico Matt Scofield e sono rimasto folgorato. Sono tornato in Italia, ho comprato un Hammond e non ci siamo più separati. Questa settimana ho ricevuto l’endorsement dalla Hammond Organ Usa, produttrice del mio strumento di scelta, una grande soddisfazione per me".

Come è stato l’impatto con la scena musicale di Chicago?

"La scena musicale di Chicago è vivissima, soprattutto nel blues, ma non è da meno nel jazz, nel rock, e le chiese battiste del Gospel sono ovunque. La frequentazione delle chiese, in particolare la Greater Harvest Baptist Church, mi ha formato tanto. Ma è una zona difficile, ci sono più morti a Chicago ogni anno che in tutte le altre maggiori città americane messe insieme".

Che lavoro faceva e come ha maturato la decisione di lasciare la Toscana per gli Usa?

"A Volterra ero un farmacista, nella mia attività di famiglia, ma non era il mio posto. Avevo bisogno di una reltà con tante opportunità e Volterra non ne dava. Ho provato gli Usa, con la decisione arrivata dall’oggi al domani, senza troppa razionalità. Una valigia di vestiti e la tastiera, senza conoscere nessuno. E sono sempre qui sono da più di tre anni".

Progetti per il futuro?

"Oltre ai tour di Toronzo Cannon nel 2017 e la registrazione del suo prossimo album c’è soprattuto la registrazione del mio disco, dove ci sarà molto Chicago blues, ma anche soul e tanta New Orleans. Entrerò in studio nei prossimi mesi e prevedo l’uscita del disco nel tardo 2017".

La sua storia è anche un messaggio per tanti giovani. Quali difficoltà ha dovuto superare per conquistare il suo obbiettivo?

"Le difficoltà sono state e sono tante: si parte da soli, si va da soli, e si conquista tutto da soli. E’ frutto totale delle nostre forze, quando ci sono i successi ci si sente invincibili. Ma gli scogli sono tanti. La cultura americana è diversa dalla nostra, profondamente, qui la gente dà fiducia e appoggia l’iniziativa, ed è molto importante per farsi strada. Però allo stesso tempo le relazioni sono più superficiali e si è più soli a confrontarsi col proprio destino. E’ vero che ci si fa da soli... Musicalmente sono subito stato accettato bene, però ho dovuto provare che pur essendo straniero, giovane e bianco (essendo i miei colleghi afroamericani di esperienza), avevo comunque le carte in regola per meritarmi un posto nelle band in cui suono e ho suonato. Però poi il rispetto è arrivato presto e con questo le soddisfazioni".