Il paradiso sfregiato dal terremoto. Senza soldi sfiorisce l’orto botanico

Modena, risale al Settecento. "Per il restyling serve un milione". di Vincenzo Malara Invia le tue segnalazioni a [email protected]

Sottoinchiesta

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MODENA, 27 OTTOBRE 2014 - CI SONO tesori nascosti nel cuore delle nostre città. Tesori che sfioriamo sin da bambini, perché sono realtà che esistono da secoli. Gli orti botanici sono un patrimonio immortale. In Italia ce ne sono 76, molti in uno stato conservativo invidiabile, altri a rischio scomparsa. L’orto botanico di Modena fu voluto nel 1758 dal duca Francesco III D’Este per coltivare le piante medicinali, ma il traguardo, seppur lontano, del terzo centenario, potrebbe consegnare alla città l’eco di un ricordo testimoniato solo negli archivi storici. E dire che i numeri della struttura gestita dall’Università di Modena e Reggio Emilia sono da prima della classe: ventimila visitatori l’anno, un lavoro quotidiano di cura, ricerca, divulgazione didattica e oltre un migliaio di specie conservate. Ma tutto questo è immerso ormai in un ambiente obsoleto, ferito profondamente dal terremoto del 2012.

BASTA fare una breve passeggiata all’interno dell’area incastonata tra i Giardini ducali e il centro storico per rendersene conto. Certo, i tesori del ‘giardino segreto’ sono splendenti: ci sono le piante esotiche, quelle insettivore, il parterre con la flora europea intorno a una vasca centrale. Ma poi si scopre che questo patrimonio sopravvive solo grazie alla passione di chi lavora all’orto (quattro giardinieri, ma ne servirebbero almeno il doppio) più che per le risorse messe a disposizione. «Siamo stati tra i primi a realizzare nuovi itinerari che hanno reso le collezioni più leggibili, ma ora su molte iniziative siamo fermi, perché non ci sono soldi», racconta il responsabile scientifico Daniele Dallai, definito il ‘prefetto dell’orto botanico’.

«NELL’ULTIMO ventennio – sottolinea – il giardino è tornato in auge e oggi svolgiamo anche un ruolo didattico per 250 classi: purtroppo il rinnovato interesse non è stato accompagnato da un adeguamento strutturale». C’è in particolare un progetto per cui il museo vivente è all’avanguardia in Italia, ma che è bloccato da due anni per mancanza di fondi: la digitalizzazione degli erbari, che raccolgono 100mila campioni.

ARRIVATI davanti alle serre ducali costruite nell’Ottocento, il prefetto ci invita a dare un’occhiata alle porte in legno, divorate dal tempo e ridotte a un colabrodo ai bordi. «Vedete in che condizioni siamo? Tra poco saremo costretti a chiudere tutto per evitare incidenti». E di cose da fare nel complesso ce ne sono eccome, in primis un efficace restauro conservativo dell’edificio centrale e delle due serre ducali. «Se non si interviene subito il pubblico non potrà più visitare questi spazi», confida preoccupato Dallai. L’università è consapevole dei problemi, ma le risorse sono quelle che sono. Recentemente ha fatto richiesta di un milione di euro alla Regione per il recupero dell’antica struttura.  

di Vincenzo Malara