Venerdì 19 Aprile 2024

«Dall’Università all’allevamento: oggi produco formaggi ‘antichi’»

La scelta di vita di Stefano Coveri, 37 anni, perito edile di Torrita

Stefano Coveri

Stefano Coveri

Torrita, 1 febbraio 2015 - «LASCIO l’Università e mi butto a capofitto nell’allevamento di pecore, producendo formaggio. Qualche amico non ha capito, pensava che fossi impazzito. Invece era ciò che, in fondo, sentivo da tempo di dover fare». Mai uno sguardo indietro. Né un rimpianto per Stefano Coveri, 37 anni, perito edile diplomato al «Sarrocchi». Progettava piani di evacuazione quando nel 2005 è passato dall’ufficio tecnico dell’Ateneo senese all’azienda agricola in località Caselle, a Torrita, dove ora produce anche cereali con grani antichi come ‘l’inallettabile’. «Cosa c’è di più bello di un lavoro che ti fa sentire realizzato», commenta prima di tornare all’allevamento.

Il germe inoculato dai nonni, che erano transumanti di San Godenzio e portavano le pecore a pascolare in Maremma fermandosi in Valdichiana, ha prevalso.

«Si stabilirono fra Sinalunga e Torrita dopo la guerra, quando la loro casa venne distrutta. La nonna curava l’aspetto della trasformazione, ma l’attività era per il sostentamento familiare. Fu mio padre, che tuttora aiuta in azienda, a dare la svolta negli anni ’90 creando un piccolo caseificio».

Due sorelle, una lavora insieme a lei.

«Con Carla, che ha 49 anni, siamo soci. Lei si occupa della vendita mentre io porto avanti l’azienda con il contributo di tutta la famiglia».

Diplomato al «Sarrocchi»: poi cosa è successo?

«Fino al 2000 ho lavorato in uno studio, quindi all’ufficio tecnico dell’Ateneo. Un’attività che consentiva di dedicare un po’ di tempo anche al caseificio e all’allevamento, alla terra. Babbo mi ha sempre lasciato libero di cercare la strada che faceva per me, senza pressioni. E’ stato un processo naturale e convinto quello che mi ha portato a svoltare».

E a diventare imprenditore.

«Più che altro a vivere un’esistenza che permette di realizzare idee e desideri. E di creare prodotti che siano il più possibile buoni e giusti, che non ‘brucino’ il futuro alle nuove generazioni. Una vita dove contano ancora i valori».

Quali?

«Saper capire i cicli naturali, rispetto per l’ambiente e per gli animali. Conoscere come nasce e cresce una pianta, comprendere da dove viene ciò che mangi. Ecco cosa mi ha spinto a cambiare indirizzo».

Che tipo di ‘cifra’ ha impresso all’azienda?

«La filiera corta ce l’ho trovata. Semmai l’attività di vendita diretta in azienda sembrava acquistare maggiore spessore rispetto ad allevamento e coltivazione dei terreni. Ecco, ho lasciato la via che si prospettava più facile, quella della standardizzazione del prodotto, per puntare su formaggi di altissima qualità che rispecchiano il territorio dove vengono fatti e anche le nostre capacità. Nello specifico, ho ripreso la tradizione del latte crudo che già mia nonna custodiva. Se ne ricava un pecorino che è diverso, anche nell’aspetto esterno, dagli altri. Quando mi dicono ‘Si sente il sapore dei formaggi di una volta’ non c’è per me soddisfazione più grande».

Puo’ contare su 33 ettari di terra.

«Gran parte pascoli e prati per le nostre 300 pecore. Una fetta di 7-8 ettari sono coltivati, a rotazione, a cereali, soprattutto orzo e avena per gli animali. Una piccola porzione serve per la semina del grano antico, a basso tenore di glutine. Bello recuperare quanto di buono c’era prima del boom industriale con cui determinati valori aveva smesso di brillare».

Ci sarà ancora un sogno da realizzare per Stefano Coveri.

«Un sogno che è anche una speranza: mantenere in piedi, nel futuro, questa azienda. E magari apportare migliorie strutturali ampliando la stalla ed intervenendo sul caseificio. Poi sarebbe bello mettere qui le radici e la casa per la mia famiglia».