«Un progetto economico credibile: ecco cosa serve per ripartire»

L’ex portiere viola Giovanni Galli, tra i progonisti della rinascita della Fiorentina, racconta la sua 'ricetta'. IL SIENA FA CRAC / LA REAZIONE DEI TIFOSI / IL SALVATAGGIO FALLITO / IL COMMENTO / L'EDITORIALE: LE PAROLE E GLI STRUZZI

Giovanni Galli

Giovanni Galli

di TOMMASO LORETO

Siena, 17 luglio 2014 - Sono passati ben dodici anni da quell’agosto 2002 in cui la Fiorentina veniva dichiarata fallita e successivamente rilevata dalla famiglia Della Valle, ma nella memoria di chi ha vissuto quei momementi, tutto è rimasto ben impresso. E oggi che a qualche chilometro da Firenze, a Siena, la Robur vive il momento più difficile della sua storia, l’esperienza di chi si è trovato ad avviare l’intera ricostruzione di una società fallita può diventare un patrimonio di cui fare tesoro. Lo sa bene Giovanni Galli, ai tempi nominato direttore sportivo e responsabile dell’area tecnica direttamente da Diego Della Valle poco dopo la nascita della rinnovata ‘Florentia Viola’. «L’aspetto fondamentale resta sempre e comunque legato alla struttura societaria, spesso formata da un vero e proprio gruppo di persone e non da singoli — racconta l’ex portiere di Fiorentina e Milan — per questo motivo il primo augurio che faccio alla città di Siena è che chi deciderà di acquistare la società sia una proprietà solida, e seria. Poi servono persone all’altezza, in grado di portare le proprie professionalità, e anche sotto questo aspetto hanno particolare valenza le scelte operate dalla società nell’individuare i giusti dirigenti».

Primo obiettivo, poi, ricostruire il prima possibile il settore giovanile... «Dopo che fui scelto nell’area tecnico-sportiva mi circondai persone fidate, che mi aiutarono moltissimo, come accadde con Francesco Guzzo — ricorda Galli — anche perché in questo momento il rischio principale è quello di un fuggi fuggi generale, in particolare dei giocatori. Serve creare rapidamente un gruppo, anche sotto il profilo numerico. A partire proprio dal vivaio. Siena deve lanciare un segnale importante, e anche per la gestione societaria servono almeno cinque o sei figure che possano portare avanti il lavoro quotidiano direttamente dalla sede».

Quali le prospettive nell’immediato?  «Non sarà facile, non c’è da farsi illusioni, ma Siena è una piazza importante, con grande storia e tradizione. I dilettanti, per esempio, sono un altro mondo, ma è tutta la rinascita che passa da momenti difficili. A Firenze ci ritrovammo a piantare persino i chiodi nel muro per risistemare gli spogliatoi perché erano stati portati via anche gli armadietti».

La tifoseria, la gente di Siena, diventa perciò la prima risorsa? «I tifosi viola si sentirono traditi, abbandonati dalle istituzioni, e credo che è quel che sentano oggi gli appassionati senesi. Ricordo che a Ferragosto giocammo un’amichevole in famiglia senza che ancora fossero dispobili neppure le maglie viola. Eppure in tribuna c’erano almeno 1000 tifosi, e quel messaggio di calore e coinvolgimento ci dette grande forza e parecchi stimoli. Lavoravamo senza sosta, dormendo anche tre ore al giorno, ma sapevamo di avere il supporto della nostra gente, e dovevamo far capire a tutti che noi c’eravamo e che eravamo pronti a ripartire. Mi auguro che anche a Siena possa ripartire un progetto importante, con prospettive convincenti, perché i tifosi della Robur se lo meritano».