La città colpita da pioggia rossa nel 1860

Fisiocritici, viaggio nelle meraviglie dell'Accademia

Accademia dei Fisiocritici

Accademia dei Fisiocritici

Siena, 29 luglio 2014 - L’ACCADEMIA dei Fisiocritici è uno scrigno «ricolmo» di cose preziose che riescono a raccontare una storia che difficilmente si impara altrove. Prova ne sono i reperti curiosi (o meglio sarebbe scrivere «mirabilia senesi») custoditi in teche di vetro e legno nella sala Gabbrielli. I nostri «ciceroni» sono Davide Orsini dipendente dell’università al centro tutela e valorizzazione dell’antico patrimonio scientifico e Chiara Bratto dell’ organizzazione - iniziative culturali dell’ Accademia dei Fisiocritici. Gli oggetti che man mano ci vengono mostrati e descritti sono stati studiati e della loro provenienza ci sono prove certe e incofutabili.  Attraverso Davide Orsini e Chiara Bratto scopriamo una provetta contenente acqua della pioggia rossa caduta nella nostra città il 28 giugno del 1860 e riflettiamo che anche allora il clima era un po’ pazzarello. Nell’armadietto accanto c’è una cassetta con venti minerali donata nel 1800 da Francesco Bernardi all’Accademia. Sul vetro sono incisi un disegno del vulcano siciliano e la scritta: «Veduta dell’Etna da Catania nell’eruzione del 1863. Sotto tutti i nomi dei minerali custoditi nella scatola destina alla signorina Enrichetta Bossini come ricordo di O.Silvestri. Quest’ultimo deve averli raccolti con entusiasmo, ma chissà se lo stesso sentimento fu condiviso da colei che poi li ricevette.

ANDIAMO AVANTI nel nostro «viaggio» e ad un certo punto ci imbattiamo in quattro contenitori di vetro (XIX secolo) nei quali ci sono dei calcoli vescicali estirpati dal dottor Ernesto Bagnoli. I vasetti sono accanto a cinque particolarissimi oggetti di legno intarsiato e a nove «mirabilia» in avorio finemente lavorato donate all’Accademia nel 1868 da Bernardino Pannilini. Nel guardare questi piccoli capolavori frutti di grandi capacità artistiche viene in mente «Il Cristo velato» di Giuseppe Sanmartino, conservato nella cappella Sansevero di Napoli. Ci sono poi tutte le acque minerali che nel 1862 sgorgavano da ventisette differenti sorgenti ubicate nella nostra provincia. Questa collezione fu voluta e costituita dall’Accademia dei Fisiocritici in occasione a Siena del X congresso degli scienziati italiani per far conoscere la ricchezza idrica del territorio senese. Fin dal Seicento, infatti, molti fisiocritici avevano condotto ricerche chimiche e mediche sulle acque minerali e termali della nostra provincia. E mentre ascoltiamo i «nostri» ciceroni scorgiamo ad un certo punto un paio di guanti: un tesoro tra tanti tesori. Sono infatti di bisso meglio conosciuto come «l’oro del mare». In tutto il mondo sono catalogati meno ci cinquanta oggetti realizzati con questo filamento. I guanti furono donati nel 1864 dal conte Carlo de’ Vecchi all’Accademia ed erano accompagnati da un documento che racconta la loro storia. Il re di Napoli Ferdinando II di Borbone comprava guanti di bisso di manifattura pugliese per farne dono ad altri sovrani. Nel 1845 regalò questi guanti (rimasti nuovi) a Luigi Filippo , re dei francesi che nello stesso lì donò ad un esiliato palermitano affiliato alla Carboneria, Michele Chiarandà, barone di Friddani (Enna). Quest’ultimo a sua volta li cedette al conte Carlo de’ Vecchi di Siena. I guanti recentemente sono stati fatti vedere al maestro di bisso Chiara Vigo, l’unica rimasta al mondo a raccogliere. filare e tessere il bisso secondo la tradizione ebraica che ha detto che quei guanti sono un «reperto preziosissimo».