Siena, 11 giugno 2014 - INCREDIBILE ma vero. La maggioranza c’è e la minoranza pure. Entrambe compatte e battagliere. Ma a mancare (e non solo per un colpo di caldo) è il consiglio comunale.

No, non siamo su ‘Scherzi a parte’. E’ tutto vero e, a riprova che la realtà è molto più sorprendente delle fiction, bastava essere presenti ieri pomeriggio nella Sala del Capitano di Palazzo Pubblico. E per giunta senza dover pagare il canone, l’abbonamento alla pay-tv o il biglietto d’ingresso.

L’appuntamento era per le 15 in punto, come da convocazione del presidente del consiglio comunale Mario Ronchi. Peccato che a quell’ora, a parte pochi temerari, la quasi totalità dei consiglieri era ancora con le gambe sotto il tavolo. Quello del pranzo, ça va sans dire. In fondo la puntualità per la politica è un concetto alquanto evanescente. Non per nulla poi, a ben guardare, tutto ha ruotato proprio intorno alla tempistica di un consiglio comunale monotematico sulla Fondazione Monte dei Paschi (ma non doveva essere finalmente autonoma e libera dalle ingerenze?).

Così, quando ormai mancavano pochi minuti alle 16, il presidente Ronchi ha incaricato il segretario generale, Vincenzo Del Regno, di fare l’appello e, constatata la presenza del numero legale, ha dato inizio alla seduta. Ma ecco il colpo di scena. Neanche il tempo, per Ronchi, di leggere l’oggetto della convocazione che il capogruppo dei Moderati di Centrodestra e vice presidente del consiglio comunale, Pietro Staderini, a nome dell’intera minoranza, solleva una questione pregiudiziale. Pietra dello scandalo, la mozione allegata alla convocazione del consiglio e sottoscritta da sette consigliere di maggioranza (Carolina Persi, Lorenzo Di Renzone, Pasquale D’Onofrio, Simone Lorenzetti, Ivano Da Frassini, Rita Petti e Simone Vigni). Già perché «quella mozione — dichiara Staderini — altro non è che una fotocopia di quella già presentata e approvata nel dicembre scorso. Tant’è che si parla ancora di una Fondazione titolare del 33,5% del capitale di banca Mps e dell’assemblea del 28,29 e 30 dicembre relativa all’aumento di capitale da 3 miliardi di euro».

Che vuoi che sia se oggi la Fondazione è al 2,5 e l’aumento di capitale è di 5 miliardi ed è già partito. Del resto i tempo per la politica è evanescente. «Non credo che sia il caso di prendere in giro i cittadini senesi — getta il sale sulla ferita Staderini —. E un eventuale emendamento non può certo sanare il misfatto». E mentre Staderini parla, il capogruppo di Cittadini di Siena, Enrico Tucci, sorride amaro seduto tra il pubblico. «Alle farse si assiste — osserva — non si partecipa. Non voglio il gettone per questa commedia».

Dopo Staderini a prendere la parola, un po’ a sorpresa questa volta, è il sindaco Bruno Valentini che rivendica la scelta della maggioranza e bolla come «una sceneggiata» l’iniziativa «delle minoranze». Ma, in punta di diritto, l’eccezione di pregiudizialità c’è tutta e viene messa ai voti, anche se alla fine è respinta con 13 contrari (la maggioranza) e 10 a favore (la minoranza). Ma non è ancora finita, perché nel ritrovarsi i consiglieri della minoranza decidono di lasciare l’aula. Tutti. Tranne, in un primo momento, i ‘pentastellati’ Michele Pinassi e Mario Aurigi che ne approfittano per presentare un loro ordine del giorno in cui chiedono la liquidazione della Fondazione. E, siccome tra le file della maggioranza ci sono degli assenti, ecco che viene a mancare il numero legale. Inevitabile sospendere la seduta. Il tempo di due conferenze stampa, una della minoranza e una della maggioranza, e poi di nuovo l’appello. Alla fine, grazie all’arrivo dei rinforzi nella maggioranza, il consiglio riprende (pur senza la presenza dell’opposizione), l’ordine del giorno dei pentastellati viene bocciato (dopodiché anche Pinassi e Aurigi lasciano la Sala del Capitano), mentre quello della maggioranza passa il voto dell’aula all’unanimità. «E questo — osserva la capogruppo del Pd Carolina Persi — proprio grazie al gruppo Pd al completo che dà autonomia alla maggioranza».

Incredibile, ma vero. La maggioranza c’è e la minoranza pure. Compatte e battagliere entrambe. Talmente compatte che stanno una dentro e una fuori dal consiglio comunale. Che, è vero, alla fine si tiene, ma è pur sempre dimezzato. In fondo, che sarà. Le forme sono salve. La faccia un po’ meno.