Palio, il giorno della Civetta: Brio, esperienza e cuore puro. Una Carriera... capolavoro

Da vero guerriero si è infilato nel pertugio che porta nell'Olimpo CORTEO STORICO/LA VITTORIA DELLA CIVETTA / LE IMMAGINI DELLA CARRIERA / GIUBILO / CIVETTA BRIOSA IN CATTEDRALE / IL DRAPPELLONE / LA MESSA DEL FANTINO

Civetta briosa: l'esperienza di Andrea Mari fa volare Occolè (foto Lazzeroni)

Civetta briosa: l'esperienza di Andrea Mari fa volare Occolè (foto Lazzeroni)

Siena, 17 agosto 2014 - CHE PALIO, Andrea! Un Palio perfetto, impetuoso, lucido, di carattere. Con una corsa che definire magistrale è forse diminutivo, Brio dimostra le straordinarie doti dell’esordiente Occolè e riporta il Palio nel Castellare dopo solo cinque anni. Nel ‘suo’ Castellare, se è vero come lui stesso ha sempre affermato che la Civetta è la Contrada del cuore. Lo dimostra, regalandole un altro meraviglioso trionfo, dopo quello che nel 2009 aveva ritto il digiuno. Lo dimostra aspettando come un vero guerriero, senza cedere all’azzardo dell’impeto, senza farsi tradire dalla foga o dall’irrazionalità della pancia, ma sapendo attendere il momento giusto per infilare la traiettoria perfetta. E dimostrando a Siena, se ce ne fosse stato bisogno, che l’anno buio — l’incidente, il dolore, la riabilitazione e tutto il resto — sono un capitolo andato definitivamente in archivio. La Civetta lo ama come uno di casa e lui la ripaga così: con il regalo più bello che ha il sapore dolce delle lacrime. Quelle di gioia. Scacciato il timore maltempo, il cielo è azzurro e l’aria fresca quando alle sette spaccate il mortaretto annuncia l’ingresso dei cavalli sul tufo. I barberi sono impazienti e un po’ nervosi, si agitano anche nel tondino, mentre la Piazza silente e fremente aspetta l’arrivo della busta. Poi la voce del mossiere, Bartolo Ambrosione, arriva chiara e forte a dettare le sue regole che valgono già mezza corsa: Valdimontone (Brigante su Osvaldo), Civetta (Brio su Occolè), Drago (Salasso su Morosita Prima), Leocorno (Gingillo su Oppio), Bruco (Girolamo su Porto Alabe), Aquila (Tremendo su Lo Specialista), Pantera (Grandine su Querino), Chiocciola (Scompiglio su Polonski) mentre di rincorsa resta la Selva, con Tittia su Istriceddu.

LA SORTE E’ STRANA: il super favorito di rincorsa a dettare i tempi, due nemiche accanto, le altre due con il Drago — altro favorito — in mezzo. Il nervosismo si vede. Pochi secondi e sono tutti fuori. Quando l’allineamento è di nuovo completo, appare chiaro che il Leocorno sta poco volentieri sul canape, che Pantera e Aquila si ignorano nonostante la vicinanza costretta, che la Chiocciola si muove parecchio anche perché con l’assenza forzata della Giraffa tra i canapi c’è più spazio. Tittia fa una finta e dentro i canapi ci cascano, nella parte alta forzano la mossa e Ambrosione annulla. Sgambata per tutti e si ricomincia, ma appare subito chiaro che ci sarà da attendere poco.

TITTIA E’ INTENZIONATO a mandare tutti via velocemente e, probabilmente, a cogliere il tempo di mossa per sé, provando a sfruttare il motore di Istriceddu. Ma al pronti-via è il Montone a uscire dai canapi come una palla di cannone, tallonato stretto dall’Aquila, la Civetta, la Chiocciola all’esterno, con il Drago che fianca svelto ma resta intrappolato e perdere il tempo. A San Martino il Montone arriva come una fucilata, ma Osvaldo scivola sul tufo e spalanca un’autostrada all’Aquila. Tremendo deve solo gestire: dietro a lui restano incollate la Civetta, la Chiocciola, il Leocorno, le altre sono già lontane, la Pantera sbatte sui materassi e vola via. Il Palio dell’Assunta pare finito qui. Caria controlla, spinge Lo Specialista, sente sul collo il fiato del Mari ma in diverse occasioni lo para bene, dopo il Casato, poi ancora dopo la Fonte, prima di San Martino Brio è costretto a richiamare il cavallo perché non ha spazio per passare. Il capolavoro lo fa al secondo Casato: Tremendo allarga la curva sperando, forse, di chiuderlo una volta uscito dalla traiettoria, ma qui si vede il motore di Occolè e si vede, altrettanto, che Lo Specialista ha finito la benzina.

ANDREA MARI prende il viottolo interno, passa tra l’Aquila e lo steccato in un pertugio dove ci si infila solo se si ha cuore puro e grande mestiere e va via di potenza. Da lì non deve far altro che controllare, è chiaro che nessuno ce la fa più, a riprenderlo. Si gira un’ultima volta dopo il terzo Casato, ché lui lo sa bene quanto può essere insidioso quando sei davanti, se non stai attento. Non è il caso, questa volta. Dietro sono tutte lontane; c’è il tempo di voltarsi e alzare il nerbo verso il palco dei capitani, con quel suo sorriso-ghigno che è un po’ da combattente e un po’ da sbruffone. Il ‘fidanzamento’ col popolo civettino continua e il Drappellone di Dimitrov dedicato a Mario Luzi prende la strada del Castellare. C’è poco da aggiungere: nel Palio dei cavalli-big vince un esordiente e Andrea Mari conferma che il suo posto nell’olimpo dei fantini se lo è conquistato con le unghie e coi denti e non ha nessuna voglia di lasciarlo andare. Adesso c’è tutto l’inverno per chiacchiere e riflessioni. Nel Castellare sarà un inverno mite e festoso. E’ buio, ormai. Ha vinto la Civetta.