I soldi non si trovano, il Siena fa crac

Dopo il basket, anche il calcio alza bandiera bianca nella città del Palio: si ripartirà dai Dilettanti LE REAZIONI DEI TIFOSI / IL SALVATAGGIO MANCATO / IL COMMENTO / L'EDITORIALE: LE PAROLE E GLI STRUZZI

L'ex presidente Massimo Mezzaroma

L'ex presidente Massimo Mezzaroma

Siena, 16 luglio 2014 - Dopo il basket, tocca al calcio. Fallita la Mens Sana, la città del Palio perde anche la storica Robur, che quest’anno avrebbe celebrato i 110 anni di vita. Il Siena non si iscrive al campionato di serie B e venerdì il consiglio federale non potrà fare altro che ratificarne l’esclusione dalla seconda categoria nazionale. Poi si passerà alla messa in liquidazione della società.

A Siena la delusione è enorme per quello che poteva essere e non è stato. La speranza era tanta visto che nelle ultime ore, nonostante la drammatica situazione economica, qualche possibilità di salvezza sembrava intravedersi all’orizzonte. Una via di uscita seguendo la quale la famiglia Mezzaroma avrebbe dovuto versare i soldi necessari al pagamento degli stipendi dei tesserati relativi ai primi quattro mesi dell’anno e poi avrebbe passato la mano alla Limpida, società svizzera rappresentata da Daniele Casella, che nella notte tra venerdì e sabato aveva trovato un accordo di massima con la proprietà. Qualcosa però è andato storto. «Non è stato possibile effettuare il trasferimento dei fondi dalla mia banca», ha fatto sapere Casella con una nota.

Il problema, però, stava a monte. In un anno la società non è riuscita a costruirsi un futuro e mentre Beretta, Rosina e soci in campo davano l’anima, Mezzaroma e Antonelli (l’ex ds ora a Bari) illudevano squadra e tifosi e a gennaio indebolivano la rosa con le cessioni di Giannetti e Paolucci. Da aprile, dopo mesi di relativa calma, l’inizio di una nuova tempesta con i primi stipendi non pagati e i fornitori che avevano iniziato a battere cassa, stremati da mesi di promesse e zero guadagni. Per tentare di salvare il salvabile Mezzaroma e il consigliere delegato Parri avevano anche chiesto alla squadra di poter dilazionare gli stipendi. I giocatori e lo staff avevano acconsentito, ma per colpa di alcune norme federali non era stato possibile applicare questa opzione disperata. Infine il tentativo della società svizzera, ma anche in questo caso la storia è finita ancora prima di iniziare.

Così lascia il calcio professionistico una società che negli ultimi dieci anni aveva disputato otto stagioni in serie A, mettendo in evidenza talenti, giocando spesso un ottimo calcio, facendosi scoprire come piazza appassionata e corretta. E ora? Si punta all’iscrizione alla serie D. Ma stavolta ci vorrà una società seria, che riparta dal territorio e che dia un netto taglio col passato. Siena, in fondo, se lo merita. Guido De Leo