Venerdì 26 Aprile 2024

Prima che sia troppo tardi

Il responsabile della redazione di Siena, Tommaso Strambi

Il responsabile della redazione di Siena, Tommaso Strambi

Siena, 25 gennaio 2015 - «Candidiamo Siena a capitale della Toscana agroalimentare». E poi, ancora. «La creazione della ‘Città dei sapori senesi’, è un progetto ambizioso ma concretizzabile, così come indicato e prospettato dagli Enti fondatori dell’Enoteca Italiana, se ad esso seguirà un’azione fattiva da parte di chi è chiamato ad amministrare l’Ente Vini».

Benvenuti nel paese delle elezioni. Ogni volta che si avvicina una tornata elettorale, non ci si annoia. I programmi, infatti, sono sempre scoppiettanti e promettenti. In fondo, spiegava una volta un politico fiorentino dalle mille vite, «la gente ha bisogno di sognare. Se, poi, ciò che racconti non si avvera, fa lo stesso. L’importante è che ci creda». Già.

Così, eccoci, ai primi fuochi d’artificio di una campagna elettorale per le regionali destinata a regalarci sogni (molto) arditi, come quelli lanciati nell’orbita senese in questa settimana che va a concludersi. Che Siena sia capitale dell’agricoltura non c’è bisogno di inventarselo. Così come lo è della cultura. Bisogna, al contrario, valorizzare le risorse che ci sono e non allungare l’elenco dei ‘fallimenti’ arrivati a conclusione del decennio effervescente. Una lunga via crucis di errori gestionali e strategici sotto gli occhi di tutti. In cui la politica ha le proprie responsabilità, avendo scambiato, per lungo tempo, la bonomìa con la competenza e l’arroganza con l’intelligenza. Per questo oggi, piuttosto che rincorrere progetti megagalattici, è il momento di evitare che dalla costruzione vengano tolte altre pietre angolari.

Perché alla fine, come sanno anche gli ingegneri abituati a studiare sui Sunti Centim più che sui manuali, il rischio è che l’edificio collassi definitivamente. E, visto che di pietre ne sono state tolte già diverse, è bene intervenire prima che sia troppo tardi.

E’ il caso del Consorzio Agrario di Siena. Una realtà presente da oltre 100 anni (è stato fondato nel 1901) e che occupa attualmente 130 persone, che salgono a circa 300 se consideriamo i circa 65 punti vendita sparsi tra le province di Siena e Arezzo e tutte le altre attività dell’indotto. Una realtà che ha saputo affrontare i marosi della crisi economica riducendo i costi senza tagliare i servizi. Anzi, potenziandoli. Una sfida mica facile considerato che, oltre alla crisi economica generale, l’andamento meteo sfavorevole ha pesantemente condizionato le produzioni, soprattutto di cereali, determinando una contrazione del fatturato per questo importante settore. I numeri sono lì a testimoniarlo. Nell’ultimo triennio il margine operativo lordo, grazie al taglio dei costi, è aumentato di oltre 20 volte, mentre l’indebitamento bancario netto è diminuito di circa 8 milioni di euro. Il tutto grazie ad un progetto condiviso con l’intero personale che, senza un’ora di sciopero o una ‘giornalata’, per due anni ha sopportato la cassa integrazione a rotazione, senza creare il minimo disservizio, dimostrando un particolare attaccamento all’azienda.

Fatti e non sogni. Ma siccome i grandi appetiti, come i grandi amori, non finiscono mai, ecco che qualcuno sta pensando di smontare dall’edificio Siena anche questa pietra angolare. E, questa sì, sarebbe una sciagura. Visto che il Consorzio rappresenta prima di tutto uno strumento fondamentale per gli operatori dell’agricoltura e, nello stesso tempo, una realtà utile a questa provincia proprio grazie alle sue produzioni di eccellenza, oltre che fondamentale per la conservazione dei territori e delle campagne, che sono un patrimonio nel patrimonio.

Sì, forse, prima che sia troppo tardi, sarebbe bene non lasciarsi scippare un’eccellenza vera. Sempre che i politici non preferiscano cullarsi di sogni. Chissà che ,prima o poi, i sogni non li trovino anche nelle urne. «Tanto se poi non si avverano fa lo stesso. L’importante è che ci credano».

Buona domenica.