di LAURA VALDESI

 

Siena, 26 giugno 2012 - L’APPLAUSO. Vibrante per quel Palio che è un richiamo alla semplicità. Un saio di cenci sopra il «Cencio», quello di seta. In alto le ghiande di rame, forgiate a mano da un orafo umbro, in cui brillano i colori delle dieci Contrade che corrono. Poi il prefetto Enrico Laudanna ripete davanti alla città e ai contradaioli la promessa, già fatta solennemente a priori e capitani. «Il Palio avrà lo stesso andamento degli anni scorsi, dipanandosi all’insegna di una tradizione propria del popolo senese e della Festa. Per la prima volta nella vita — confessa con voce pacata — mi trovo a venire a contatto con questa manifestazione. Provo emozione, orgoglio. Ne sono toccato. La vivrò intensamente».

 

Brillano gli occhi, in effetti, anche ad un servitore dello Stato per decenni come Laudanna quando, a cerimonia terminata, augurato «Buon Palio a tutti» (come da tradizione, anche qui non cambia il canovaccio della Festa), si immerge fra le voci e i commenti dei contradaioli. Il Palio è riuscito a trasmettergli il fremito, il brivido del suo perpetuarsi nei tempi. Moderni.

 

Ci sono tanti segni in questo Drappellone, non solo per le Contrade (la Vergine guarda il Bruco, la ghianda più alta è della Selva, il Tau di San Francesco ricorda le due teste speculari dell’Aquila) ma anche per il commissario. «Un grazie di cuore al maestro Claudio Carli — scandisce infatti in avvio di presentazione Laudanna — per questo straordinario Drappellone dedicato alla ricorrenza degli 800 anni della prima venuta di San Francesco a Siena. Per uno strano gioco del destino sono proprio io, fino a poco tempo fa prefetto di Perugia, dove sono rimasto 5 anni e mezzo, a vivere il Palio dedicato al santo di Assisi». Ma non è l’unico segno presente nel Drappellone, quello del commissario. Il suo stemma è stato inserito subito sotto quello della balzana del Comune che Laudanna recava ieri anche sul bavero della giacca «perché — evidenzia — non è solo un omaggio, seppur doveroso, alla città: quando assumo una responsabilità intendo portarla avanti fino in fondo».

 

Lo stemma è quello della sua famiglia. C’è la croce di Sant’Andrea, «sopra uno strumento araldico previsto. Fiero ed orgoglioso di inserirlo nel Palio, felice di aver messo a disposizione questo ulteriore elemento grafico», spiega preferendo però non svelare altro del privato. Durante la presentazione definisce priori e capitani «anima contradaiola della città», ricorda che la Festa, da cui è «toccato profondamente», è «punta di diamante tra le manifestazioni di richiamo nazionale e internazionale». Definisce il Drappo «grande opera di arte e di fede».

 

Hanno l’effetto di una tisana quando si torna a casa stanchi, le parole del commissario: rassicuranti. «In me il Palio avrà un difensore ad oltranza, così come la città. Non ostacolerò il meccanismo già rodato della partecipazione», aggiunge a margine riferendosi anche al lotto dei cavalli che oggi inizia a prendere forma. Il maestro Carli intanto raccoglie i complimenti per il suo Cencio fatto double face «perché altrimenti il Cantico non sarei riuscito a inserirlo sul davanti», svela. Lo dedica a Siena, «sperando che si risollevi da tutti i problemi che attraversa», annuncia che (forse) non sarà alle trifore ad assistere alla Carriera ma in una società di Contrada. Racconta di quegli stracci che ha tinto e rimestato personalmente per realizzare il saio, riceve i complimenti di frate Paolo, di San Francesco. «E’ stato lui, mi ha detto, a suggerire al Comune la dedica del Drappellone». La sua Vergine guarda in basso, il bastone è quello di leccio che Francesco piantò in terra nei pressi di un eremo fuori Porta Ovile.