Ci sono pagine di storia senese, soprattutto di quella più recente, che devono ancora essere approfondite, con loro i personaggi che hanno animato la scena in periodi di importanti scelte. Per questo è sicuramente ben accolto il nuovo libro di Giuliano Catoni “Il fiero Podestà. Fabio Bargagli Petrucci e il patrimonio di Siena”, per la Protagon Editori. iuliano Catoni ha scritto pagine importanti della vita cittadina, i suoi saggi sono punti di riferimento per studiosi e appassionati, tutti pronti ad immergersi nelle vicende di questo personaggio che ha inciso notevolmente nelle scelte senesi nei primi decenni del novecento.

 

Un viaggio a ritroso per ritrovare il giovane Bargagli Petrucci dalla sua spontanea adesione al nazionalismo, ala creazione di importanti riviste come la “Rassegna d'arte senese”, “Siena monumentale” e soprattutto “Vita d'arte”, che riunisce tanti personaggi della cultura del tempo. Si può affermare che questo grande senese è stato una sorta di innovatore tradizionalista, unendo la passione per la ricerca storica al governare una città in grande trasformazione. Il libro di Catone ripercorre le grandi scelte e particolari episodi, come il suo volontario allontanamento dalla sua contrada, in netta polemica con il monumento a Garibaldi. Ma anche gli anni dell'insegnamento, della prima guerra mondiale, e poi quelli fondamentali per “passare alla storia”: il Bargagli Petrucci sindaco (1923) e poi podestà (1926) e quindi i quartieri di Ravacciano e Valli, il risanamento di Salicotto, l'acquedotto comunale, la piscina di Fontebranda elogiata a dismisura proprio sulle pagine de La Nazione nel 1937.

 

Bargagli Petrucci ha speso una vita per Siena, non trascurando piccoli ma importanti interventi sulla dinamica del palio, ma soprattutto lottando con coraggio ed intelligenza contro “lo strappo” del Monte dei Paschi, prima che la morte lo cogliesse sicuramente un po' troppo presto. Il saggio di Catoni scorre con grande lucidità storica ma anche con un godibilissimo incedere romanzesco, terminando con la vincente metafora insita nel suo ritratto realizzato dal Giunti, dove il Petrucci si mostra in ginocchio davanti alla Vergine, protettrice da sempre della città e che reca l'eloquente “Accipe Civitatem meam et iuste guberna”, che questo personaggio volle sempre rigorosamente seguire.