Siena, 27 dicembre 2013 - «Alla fine è mancata la consapevolezza sul tema della Fondazione. Quando se ne sono accorti, ormai era troppo tardi». Le ombre della notte avvolgono Rocca Salimbeni, sede della più antica banca del mondo, quando il nostro interlocutore scuote la testa davanti alla statua di Sallustio Bandini. «Ora ogni scenario è possibile e tutto in salita» afferma salutandoci.


Salvo sorprese dell’ultim’ora, infatti, questa mattina all’assemblea straordinaria degli azionisti dell’istituto di credito senese, la Fondazione Mps farà valere tutto il suo peso (il 33,5% del pacchetto della banca) e imporrà il rinvio (al secondo trimestre) dell’aumento di capitale da 3 miliardi che il presidente Alessandro Profumo voleva lanciare a gennaio. Tutti i tentativi di mediazione portati avanti dagli ambasciatori, infatti, si sono infranti sui <non possumus> pronunciati tanto dal presidente Profumo (supportato anche dal parere legale di Piergaetano Marchetti), quanto dalla giovane presidente di Palazzo Sansedoni, Antonella Mansi.

Nemmeno l’ultima mediazione, tentata sino a notte fonda dopo il rinvio dell’assemblea di ieri mattina (l’azionariato presente si è fermato al 49,3% contro il 50,1% richiesto dalla Statuto), sembra dunque essere andata in porto. Troppo stretta la strada da percorrere. Così oggi, al momento dei conti, il peso della Fondazione risulterà determinante. E l’aumento di capitale, richiesto dalla Commissione europea per rimborsare i 4 miliardi di Monti bond, slitterà di qualche mese. «Del resto — osservano a Palazzo Sansedoni — l’Ue ha detto che va fatto entro il 31 dicembre 2014». Mentre, dal canto suo, Profumo ha ribadito più volte che le condizioni «più favorevoli per portarlo a termine ci saranno ad inizio anno».

Forte del fatto che il consorzio di garanzia di 15 banche ha un accordo di <pre-underwriting> in scadenza il prossimo 31 gennaio. Due timing diversi che oggi hanno portato banca e Fondazione su strade parallele. E che, dopo il voto odierno, potrebbero aprire ulteriori e inediti scenari. Anche ieri Profumo ha ricordato che «il consiglio valuterà tempestivamente la situazione ferme restando le determinazioni di natura personale che ciascuno membro potrà assumere a fronte della mancata approvazione» dell’aumento di capitale. Parole che anticipano un passo indietro? Di certo, parole che hanno scatenato una ridda di voci. Rafforzate anche dal sindaco, Bruno Valentini: «Io sono un sindaco e dico che morto un sindaco se ne fa un altro». Così ecco che, qualora Profumo si dimettesse immediatamente, a Siena potrebbe arrivare un ‘traghettatore’ (in questo caso il nome che circola con più insistenza è quello di Divo Gronchi, ma si parla anche di Carlo Salvatori).

Ma c’è anche chi sostiene che la soluzione sarebbe invece, sin da subito, quella di affidare la banca a un presidente forte. In questo caso il più accreditato è Carlo Salvatori, mentre sembra più difficile l’arrivo di Lorenzo Bini Smaghi. Su cui ‘peserebbe’ negativamente l’unica certezza attuale (auspicata anche dagli ambienti economico-finanziari romani), ovvero la permanenza alla Rocca dell’ad Fabrizio Viola. Più difficile, infine, che sia ‘richiamato in servizio’ un ex presidente come Piero Barucci. La fine dell’anno per Siena appare concitata proprio come era stato l’inizio.