Siena, 6 febbraio 2013 - Una lunghissima giornata chiuso in procura a rispondere alle domande dei magistrati. Quindi, a tarda sera, il ritorno a casa, nel buen retiro di Castelnuovo Beradenga. E' durato ben otto ore ieri l’interrogatorio dell’ex direttore generale di Mps, Antonio Vigni, indagato assieme all’ex vertice del Monte dei Paschi nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura senese su una serie di operazioni sospette, come l’acquisizione della Banca Antonveneta e l’acquisto dei derivati, come i titoli Santorini e Alexandria.

AntonioVigni è arrivato puntuale in procura ieri mattina intorno alle 10. Per l’occasione, ha scelto di arrivare in taxi. Accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Enrico De Martino e Roberto Borgogno, l’ex direttore generale del Monte dei Paschi ha scelto di entrare in Procura dall’ingresso principale. Una scelta opposta a quella fatta dell’ex presidente della banca, Giuseppe Mussari, che lunedi scorso preferì entrare dall’ingresso sul retro del tribunale per evitare l’assalto di giornalisti e fotografi.

Diverso è apparso anche il tono con il quale Vigni si è presentato in pubblico. Chiuso in un giaccone blu, la cravatta ben annodata al collo, al bivacco di giornalisti che lo attendeva davanti al tribunale, Vigni ha offerto infatti un sorriso di ordinanza. Nessuna battuta, ovviamente, ma nessuno se la aspettava. In fondo lui stesso nei giorni cha hanno preceduto il suo interrogatorio aveva negato per scelta ogni colloquio coi giornalisti: «Tutti quelli che parlano dovrebbero avere in questo momento in mente il bene del Monte, dei clienti, dei dipendenti», si era limitato a far sapere, evitando accuratamente di entrare nel merito dell’inchiesta «per rispetto della magistratura». Coi magistrati, ovviamente, ieri è stato tutto diverso.

Ai pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giovanni Grosso, che conducono l’inchiesta su Mps, Vigni ha infatti raccontato minuziosamente il suo punto di vista in merito a tutta l’operazione di Antonveneta. In particolare, Vigni ha provato a chiarire i rapporti che lui stesso ebbe nell’ambito della vicenda con i vertici della Banca Santander, dalla quale Antonveneta venne acquisita per 10 miliardi di euro. Non solo.

Ai magistrati Vigni ha provato anche a spiegare perché non tenne conto nell’affare dell’email inviatagli il 15 novembre 2007 dall’allora vicecedirettore generale Giuseppe Manzi. In questa Menzi illustrava la criticità dell’operazione, mettendo in guarda Vigni dai rischi dell’acquisto: «Antonveneta — scrisse infatti il manager — è divisionalizzata male, la governante è concentrata su Amsterdam, bisogna riconsiderare gli accantonamenti del 2007, i crediti danno una crescita zero». Menti evidenziò poi come «le criticità debbano essere curate con terapia d’urto anche per non incidere troppo sul 2008» sottolineando la necessità di «inserire figure di Mps che possano poi fornire garanzie».

L’interrogatorio come detto si è concluso alle 18 e 40, dopo 8 ore di estenuanti domande e risposte. Vigni, sempre accompagnato dai suoi legali, ha poi preso di nuovo un taxi e ha lasciato Siena per Castelnuovo Berardenga. La procura ha reso noto che il verbale dell’interrogatorio e’ stato secretato.

LA GUARDIA DI FINANZA SEQUESTRA 40 MILIONI - Nell' ambito dell'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena, il nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di Finanza ha eseguito sequestri di titoli e liquidita' presso
banche e fiduciarie per circa 40 milioni di euro, oggetto di scudo fiscale. I finanzieri hanno dato esecuzione a cinque decreti di sequestro probatorio presso terzi. I provvedimenti - secondo quanto si e' appreso - vengono
eseguiti nei confronti di banche e fiduciarie nell' ambito del reato contestato ad alcuni indagati dell'inchiesta di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni del Monte dei Paschi di Siena.