Siena, 12 maggio 2012 - Una montagna di carte e di file elettronici. E’ quanto hanno recuperato e archiviato i militari del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza. «Materiale interessante», lo definiscono gli investigatori che hanno iniziato ad analizzarlo. Ci vorrà del tempo per verificare se può fornire elementi capaci di suffragare la pista investigativa che ha portato la Procura di Siena ad aprire un’inchiesta sull’acquisizione di banca Antonveneta da parte del Monte dei Paschi. «Un’indagine a 360 gradi in cui — ha spiegato il colonnello delle Fiamme Gialle, Gianpaolo Mazza — non si esclude che il Monte possa essere stato danneggiato».
Intanto, nonostante il riserbo, chi ha potuto leggere l’ordinanza con cui i pm Nicola Marini, Antonino Nastasi e Aldo Natalini, hanno disposto le 64 perquisizioni, ha potuto leggere i nomi di tre dei quattro indagati. Si tratta dei componenti del collegio sindacale del Monte in carica nel 2007, al momento dell’acquisizione di banca Antonveneta: il presidente Tommaso Di Tanno, uno dei maggiori fiscalisti italiani e docente di diritto tributario all’università di Siena, e i due sindaci Leonardo Pizzichi e Pietro Fabretti. Il quarto indagato, secondo alcuni quotidiani (non smentiti) sarebbe l’ex direttore generale Antonio Vigni.

Quello che pesa dell’operazione Antonveneta è stato proprio Di Tanno, in occasione dell’ultima assemblea, a spiegarlo rispondendo a domande di piccoli azionisti. «Il valore patrimoniale della Banca Antonveneta era di 2,3 miliardi e fu acquistata per 9 miliardi. Non entro nel merito se il prezzo pagato a Santander (nella foto il presidente del Banco, Emilio Botin) fosse appropriato», rispose il docente. I piccoli azionisti non furono soddisfatti della risposta. Ora potrebbero averla dai magistrati. Intenzionati a fare luce sull’intera operazione. Compreso capire il perché «non fu fatta» la due dilingence sulla banca veneta.
Ma non è questa l’unica novità. Secondo una dichiarazione, sfuggita a uno degli investigatori, da una prima lettura delle carte sarebbero emerse «condizioni capestro» all’interno del contratto di acquisizione. Un’indiscrezione, ma anche un dettaglio che va oltre il comunicatodella Procura, in cui si faceva riferimento ai reati di «manipolazione del mercato e ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza». Una conferma a quanto sta circolando negli ambienti investigativi milanesi, secondo cui il blitz sarebbe stato solo il grimaldello per verificare l’ipotesi di «una ‘truffa’, estero su estero, che vale circa 1,2-1,5 miliardi di euro». Soldi che, sarebbero serviti, secondo il racconto di alcuni ex bancari, ad agevolare la cessione di Antonveneta. Pista che porterebbe in Inghilterra. E precisamente a Londra, alla ricerca degli intermediari dell’operazione. Si allargherebbero quindi i contorni di un’inchiesta che ha già scosso profondamente la città del Palio. Una preoccupazione che, ieri, il sindaco Franco Ceccuzzi e il presidente della Provincia Simone Bezzini, hanno voluto allentare lanciando «un messaggio di unità della città», ribadendo «fiducia e rispetto per la magistratura».
Tommaso Strambi