Siena, 30 giugno 2010 - Un fulmine a ciel sereno a metà pomeriggio del giorno di inizio della Carriera di Provenzano: "Quel drappellone non deve entrare nella chiesa di Santa Maria in Provenzano", scrivono due senesi, Alessandra Pepi e Giampaolo Bianchi, sollevando un caso religioso. La lettera aperta è indirizzata infatti all’arcivescovo monsignor Antonio Buoncristiani e contesta la cristianità del Palio appunto, realizzato da un musulmano e con un contenuto, secondo i due, ‘non rispettoso’.

 

"Che strane coincidenze ci vengono incontro alcune volte — inizia così la lettera all’arcivescovo —. 750 anni fa, alla vigilia della battaglia di Montaperti, le autorità civili di Siena decidevano di mettere ufficialmente la città e i suoi abitanti sotto il manto protettivo di Maria, la Madre di Cristo. Per la prima volta nella nostra storia cittadina le autorità civili riconoscevano ufficialmente la sovranità della Madonna e a Lei affidavano le sorti e il futuro di ciascuno di loro. Certo nel Medioevo era talmente radicato nell’uomo il senso del divino, la trascendenza, la consapevolezza della propria finitezza e piccolezza, che era normale per ogni uomo occidentale affidarsi a Dio o chiedere la protezione di Maria; ma la straordinarietà fu proprio nel fatto che a ‘piegarsi’ alla Donna più umile della Terra fossero le autorità civili. Anche il palio di luglio, dedicato alla Madonna di Provenzano — e qui ci avviciniamo al dunque —, ricorda un altro momento di forte presenza e protezione di Maria nei confronti dei senesi, che a Lei avevano scelto di affidare le sorti proprie e della loro città.

 

Unione fra uomo e Dio che si è ripercossa sul Palio, tanto che molti aspetti della festa ancora oggi si svolgono secondo un rituale il cui senso rimanda ad un profondo legame con Dio e con il cattolicesimo. Sono moltissimi i momenti fortemente ‘liturgici’ in cui si legge chiaramente questo legame fra il Palio e la fede cattolica (la processione dei Ceri e dei Censi, la festa dei tabernacoli, la benedizione del cavallo, le feste patronali). Chiunque legga con occhio sereno la storia di Siena non può prescindere da questo elemento fondante che caratterizzava l’uomo: la fede e la trascendenza".

 

Questo il quadro storico e religoioso in cui si inserisce la polemica, con tanto di richiesta, che qui di seguito pubblichiamo: "Strane coincidenze dicevamo. Sì perché dopo 750 anni — si legge ancora —, il simbolo popolare per eccellenza del Palio, nella ricorrenza di quel gesto di sottomissione, di fede, di speranza cristiana, è affidato ad un musulmano che ha raffigurato nel drappellone Maria (venerata anche dai musulmani) insieme a un guerriero saraceno con tanto di turbante-kefiha che ha appena ucciso Satana o un suo seguace: l’infedele, direbbe un musulmano credente e praticante. Ed ecco che oggi il popolo di Siena, tramite i suoi attuali rappresentanti politici, presenta alla Vergine un ‘cencio’ dove, a corona di Maria, le scritte arabe della ‘sura’ coranica che la riguardano, la celebrano come madre di un profeta, non certo come Theotòkos, Madre di Cristo, vero Dio e vero Uomo! Ma noi ci crediamo o no, che Maria sia la Madre di Dio?

 

O è diventato un modo di dire, del quale non siamo più molto convinti, e che infatti non difendiamo più? Come cristiani, molto prima ancora che come senesi e contradaioli, questo palio ci offende e ci pare una vera bestemmia. Non dal punto di vista artistico, né storico, ma dal punto di vista teologico, quello sì. Eccellenza — ecco dunque la richiesta —, Lei ha il compito di guidare questo popolo che il Signore le ha affidato. Con parole semplici la supplichiamo di non permettere che questo dipinto entri nella Casa del Signore. Lei solo ha l’autorità e la responsabilità della Chiesa di Santa Maria in Provenzano. La preghiamo: non benedica un’immagine che non è cristiana, una Madonna solo madre di un profeta!".