"Basta con i portatori di vecchi appetiti. La Fondazione è cambiata"

La presidente Antonella Mansi si appresta a lasciare Palazzo Sansedoni. ‘Per me è stata un’esperienza indimenticabile’

Antonella Mansi

Antonella Mansi

Siena, 27 luglio 2014 - «Ci vorrà un mesetto. Prenderemo il tempo necessario, con serenità, senza frenesia, né gare di braccio di ferro». Parole e musica di Bruno Valentini all’indomani del ‘gran rifiuto’ di Antonella Mansi a ricandidarsi per un nuovo mandato alla guida della Fondazione Mps. Erano gli inizi di giugno, siamo alla fine di luglio ma il nome del sostituto di Antonella Mansi ancora non c’è.

E’ disponibile ad un’ulteriore prorogatio?

«Non ce ne sarà bisogno. I colleghi della deputazione generale che, lo ricordo, sono gli unici chiamati ad assumersi la responsabilità di questo passaggio, sono perfettamente consapevoli che la mia disponibilità era a tempo, dettata anche dalla tempistica dell’aucap (aumento di capitale, ndr). Sono certa che decideranno nei tempi previsti e con l’autonomia che ho imparato ad apprezzare in questi mesi, sapendo che è in gioco la loro stessa autorevolezza e credibilità».

Perché, secondo lei, tutto questo tempo? In fondo l’identikit tracciato dalla stessa deputazione generale dopo l’annuncio della sua decisione era stato chiaro: ‘continuità nella discontinuità’...

«Ci sono motivazioni di carattere oggettivo: il completamento dell’aucap e del percorso relativo alle azioni di responsabilità, due impegni che ci eravamo assunti nei confronto della città e che era corretto portare fino in fondo. Ma siccome nessuno di noi è Alice nel paese delle meraviglie, siamo consapevoli che ci siano anche motivazioni di carattere “ambientale”: portatori di appetiti mai sopiti, miopia e scarsa memoria pensano ancora che la Fondazione sia un bancomat o un centro di potere. Soprattutto in questo passaggio si misurerà la voglia della città di voltare definitivamente pagina. Qualsiasi tentativo di ritorno al passato — e non parlo solo di persone ma anche di metodo — sarebbe un colpo letale prima di tutto per la Fondazione. La continuità nella discontinuità è il valore da difendere».

In questi due mesi si è mai ‘pentita’ del passo indietro?

«Nessun passo indietro, ho semplicemente concluso il mandato affidatomi. Spingendo forse tutti a fare un passo avanti: il cambiamento non è e non può essere un impegno di un uomo solo».

Che Fondazione lascia?

«Per parlare di che fondazione lascio, devo parlare di che fondazione ho trovato. L’idea che più me la rappresenta è quella di un “valore tradito”, quello straordinario valore non solo economico a servizio del territorio, asservito ad altro. Dei numeri abbiamo parlato molte volte e i dati di bilancio parlano per il nostro lavoro. Quello che mi interessa sottolineare è che l’ente ha oggi la possibilità concreta di essere protagonista dello sviluppo del territorio e non solo, può essere finalmente artefice del proprio destino. C’è ancora del lavoro da fare, perché alcuni percorsi si sono solo avviati, ma sono serena perché il prossimo presidente e la sua deputazione potranno contare su una struttura competente ed autorevole, a cominciare dall’avvocato Granata».

Quando è arrivata la Fondazione deteneva il 33% della banca, oggi ha solo il 2,5% seppur all’interno di un patto parasociale con Btg Pactual e Fintech al 9%. Che ruolo potrà avere nella governance di Rocca Salimbeni?

«Considero l’accordo con i pattisti uno degli elementi di maggior valore del nostro lavoro. Vorrei chiarire ancora una volta che non si è trattato di una semplice cessione di quote ma della possibilità per la fondazione di avere ancora un ruolo in BMPS visto che, se la lista espressa dal patto sarà la prima, la Fondazione, insieme con Btg e Fintech, avrà la possibilità di esprimere la metà dei consiglieri tra cui il presidente e ad. Ma non è solo un tema di governance, quanto il raccordo forte con un mondo finanziario internazionale che alza l’asticella della nostra capacità di relazione ed interlocuzione ed offre alla banca e al territorio una visione finalmente globale. Anche a sostegno di questo percorso la continuità nella discontinuità è il valore da difendere».

Nel Patto parasociale sottoscritto a marzo con i due partner sudamericani c’è l’impegno a sostituire due componenti del Cda della banca. C’è un termine o se ne riparla alla scadenza del board ad aprile 2015?

«Non c’è alcun termine nè vincolo di mandato, i consiglieri di BMPS nominati da FMPS nella consueta piena indipendenza decideranno il da farsi. La fondazione si è impegnata a sensibilizzarli, per far si che i pattisti possano entrare nel board quanto prima, ciascuno con un proprio esponente. Questo ha prima di tutto grande valenza per la banca, che otterrebbe fin da subito un miglior raccordo con la nuova compagine societaria, potendo il patto nella sua interezza contribuire in maniera concreta attraverso la governance a questa nuova delicata fase di rilancio dell’Istituto. Allo stesso tempo rafforzerebbe anche il ruolo del patto e quindi anche della Fondazione come polo aggregante e come naturale raccordo tra investitori e territorio».

A proposito di banca. Lei a dicembre impose il rinvio dell’aumento di capitale da 3 miliardi che la banca voleva subito a gennaio. Poi il rinvio e l’incremento da 3 a 5 miliardi. Alla fine è andato molto bene, con un inoptato basso piazzato peraltro in meno di un’ora sul mercato... Lei gioca sempre d’azzardo?

«Cosa avrebbe significato sottoscrivere l’aucap a gennaio? Il default della fondazione con conseguente azzeramento della partecipazione e del legame con la città. E non è finita qui: un inevitabile ulteriore aumento di capitale per la banca imposto dall’asset quality review e dagli stress test. Questa è la realtà. Sfido chiunque a parlare di azzardo. Ci siamo di fatto sottratti ad una roulette russa. E in ogni caso non gioco d’azzardo e tantomeno lo farei con soldi non miei».

In che rapporti resterà con Siena?

«A Siena ci sono nata. Me la porto sulla carta di identità da 40 anni. E ancora di più me la porto dentro, specie dopo questi nove mesi, indimenticabili. Ha idea di che cosa significa rappresentare Siena e la sua eccellenza, l’Accademia Chigiana, davanti al parlamento europeo? Un’emozione straordinaria».

Nuova Solmine, presidenza di Confindustria o cos’altro nel suo futuro?

«Antonella Mansi, in tutte le sue declinazioni, a partire dalla mia dimensione personale e professionale».

E a chi ventila che lei stia puntando alla poltrona di Profumo cosa risponde?

«C’è un pensiero di Santa Caterina in cui mi riconosco: quello del potere prestato, non opzionato né ipotecato. Le poltrone non appartengono. Tolta dal tavolo la mia candidatura, che non esiste, starà ai soci stabilire, dato il momento e le condizioni di contesto, quale possa essere la guida migliore per la banca».