Bambino di 30 mesi morì in ospedale: rinviati a giudizio due medici

Prima udienza il 23 marzo 2015

Thomas Muzzi

Thomas Muzzi

Siena, 22 novembre 2014 - Rinviati a giudizio due medici delle Scotte con l’accusa di omicidio colposo in concorso per la morte del piccolo Niccolò Muzzi. La tragedia si consumò al pronto soccorso del policlinico il 13 settembre 2012. A decidere che dovranno essere i giudici del dibattimento su quanto accaduto è stato ieri mattina il gup che ha fissato anche la prima udienza a carico dei due medici: il 23 marzo del prossimo anno. All’udienza preliminare erano presenti i legali dei due sanitari e il padre del piccolo, Thomas Muzzi, che ha affidato la sua costituzione di parte civile all’avvocato Alessandra Amato e nel processo saranno parti civili anche la mamma del piccino, la nonna materna e il fratellino più grande.

Niccolò quel drammatico giorno di due anni fa non stava bene e così i genitori decisero di portarlo in ospedale. Aveva la febbre alta, vomitava e piangeva. Cosa accadde dal momento dell’arrivo alle Scotte fino al suo decesso sopraggiunto alcune ore dopo lo descrive in maniera dettagliata il professor Marco di Paolo nominato a suo tempo dal pm Antonino Nastasi a cui si deve aggiungere anche la relazione finale dei consulenti nominati dalla famiglia del piccolo. I professionisti in pratica erano arrivati alla stessa conclusione: Niccolò poteva essere salvato. La diagnosi fatta – ne sono convinti i medici legali incaricati del caso – non fu corretta vista la patologia del piccino e anche quanto detto dai genitori nell’immediatezza rimase inascoltato. Ecco, infatti, quanto avevano scritto i consulenti della famiglia del bambino: «La morte del piccolo Niccolò Muzzi è da ricondurre, con ininterrotto nesso causale, alla negligente e superficiale condotta dei sanitari (medico del pronto soccorso e pediatra) che assistettero il bambino. La sua condizione clinica richiedeva, ab intio, un atteggiamento diagnostico-terapeutico ben più aggressivo e tempestivo che avrebbe condotto alla diagnosi della causa della condizione di shock, consentito la stabilizzazione del piccolo e l’intervento chirurgico che, se effettuato in tempi idonei, avrebbe con elavatissima probabilità logica evitato il decesso del piccolo».

Da quel momento Thomas Muzzi si è battuto perché venisse istituito un pronto soccorso pediatrico perché non accadessero altre tragedie come quella che in poche ore aveva portato via il suo Niccolò. La sua voce e di quanti (erano migliaia) avevano firmato per realizzare un triage dedicato ai bambini è rimasta fino ad oggi inascoltata. Un dolore in più per una famiglia che due anni fa aveva perso una creatura di appena trenta mesi.