Caso Morchi, spunta un identikit a tre anni e mezzo dal delitto

La figlia: "La parola archiviazione? Una pugnalata"

La figlia di Marisa Morchi subito dopo il delitto

La figlia di Marisa Morchi subito dopo il delitto

Castelnuovo Magra (La Spezia), 29 luglio 2016 - A TRE ANNI e mezzo di distanza dal quel 14 marzo del 2013, quando Marisa Morchi venne trucidata nella sua casa di via Palvotrisia a Castelnuovo, spunta un identikit. I carabinieri del comando provinciale della Spezia che hanno indagato sul caso l’hanno diffuso ai colleghi di tutt’Italia, ma l’immagine non era mai apparsa sui media che si erano occupati del caso. La foto è stata presentata per la prima volta l’altra sera nell’edizione speciale della trasmissione “Chi l’ha Visto?”.

«Per quale motivo non è stata resa pubblica? – ha chiesto l’avvocato Francesco Cristiani del foro di Napoli che sta assistendo nella vicenda giudiziaria la figlia della vittima Marina Palma – eppure avrebbe potuto far uscire allo scoperto qualcuno fra gli abitanti di via Palvotrisia che aveva notato quel volto». Secondo quanto è stato riferito quella persona sconosciuta era stata notata aggirarsi nella zona alcuni giorni prima del terribile omicidio da un carabiniere, a passeggio col cane, che era stato in grado di fornire un identikit. «Si tratta di una pista – ha affermato l’avvocato Cristiani – che non è stata percorsa fino in fondo, tanto più che sempre nella zona prima del delitto una donna sola in casa era stata minacciata da uno strano individuo che voleva derubarla armato di machete».

Lo stesso penalista ha poi annunciato un ricorso in appello alla Corte di giustizia europea contro l’archiviazione sul caso disposta dalla Procura della Spezia. «Si è indagato sulla famiglia, sui vicini. Ne sono stati ascoltati 42 – ha proseguito il legale – ad alcuni è stato posto il telefono sotto controllo. Sulle relazioni della vittima, vedova da decenni, c’è stato anche un indagato poi scagionato. Addirittura si è arrivati a scoprire una relazione extraconiugale, come nel caso Yara, del marito di Marisa Morchi che avrebbe generato un figlio. Una situazione però che non è stata utile alle indagini creando problemi alla famiglia e all’uomo ignaro di tutto. Sono stati controllati anche i pazienti di un vicino istituto psichiatrico. Il risultato è stato che le indagini non hanno portato a niente».

Ma la figlia della vittima non si rassegna. Vuole giustizia. «Mi sento supportata in questa mia battaglia per la verità – ha detto Marina – ho trovato tante persone che lavorano col cuore. La parola archiviazione per me ha rappresentato una pugnalata. Quasi che mia mamma fosse stata uccisa un’altra volta. Quante volte in quei tragici giorni sono andata nella caserma dei carabinieri della compagnia della Spezia. Ho scavato nella mente. Ho raccontato tutto. Ho collaborato in ogni modo ho atteso 9 mesi per dare sepoltura alla mamma. Risultato: un pugno di mosche. Quel mostro è sempre in libertà. Continuerò a combattere per arrivare alla verità e ringrazio tutte le persone che mi stanno vicino in questa mia ricerca della verità». Intanto giovedì 4 agosto nel centro sociale di Castelnuovo Marin Palma ha invitato tutta la popolazione per fare il punto della situazione. Saranno presenti anche autorità politiche, il sindaco Montebello e quello precedente Favini, inviati di network nazionali e l’avvocato Cristiani.