Sarzana, 24 dicembre 2017 - NON C’È nulla di più stonato dell’immagine di una stalla abbandonata proprio a Natale. Alla fattoria di Marinella non arriveranno i Re Magi a portare serenità e nuove prospettive ma saranno giorni di trepidante attesa segnati dalla paura di chiudere la storia. I lavoratori da mesi sono senza risposte, la mandria composta da 640 capi sta addirittura patendo la fame e i padroncini dal prossimo mercoledì sospenderanno la distribuzione del latte nei negozi e supermercati perchè pretendono di conoscere quale domani li attende.
SARÀ dunque un Natale amaro per i dipendenti che proprio a causa della decisione dei distributori di non vendere il latte saranno purtroppo costretti a buttarlo. Ben 5 mila litri di latte al giorno rovesciato nelle condotte. Una beffa nella beffa: lavorare dall’alba perchè le mucche vanno comunque munte per evitare problemi di salute pur sapendo che tutto sarà gettato via. I sindacati hanno chiamato a raccolta i rappresentanti dei lavoratori per lanciare tutti insieme l’ennesimo appello. Insieme a Luca Comiti (Flai Cgil), Walter Bertolini e Patricia Matias (Flai Cisl) si sono seduti al tavolo i delegati dei lavoratori Emilio Maucci, Riccardo Cagnoli e Mauro Bonvini.
«SIAMO davanti a un dramma – hanno spiegato – considerando che da mesi non siamo in grado di acquistare neppure il silomais, il mangime che la mandria ha sempre utilizzato abbinato al fieno. E questa carenza sta indebolendo drasticamente le mucche che rischiano davvero lo sfinimento. Speriamo ancora in una soluzione, ci crediamo ma siamo sfiniti e non escludiamo altre iniziative di protesta». I rappresentanti sindacali hanno saputo della proposta di 20 milioni di euro lanciata da Renovo Spa. «Sembrerebbe però essere stata giudicata insufficiente dai liquidatori Leonardo Pagni Simone De Thiene e che la Marinella Spa starebbe procedendo per lo spacchettamento dell’azienda. Però vogliamo dare ancora fiducia sia alla politica che alle istituzioni, ma siamo ormai agli sgoccioli e perdere tempo ulteriormente significherebbe davvero chiudere la storia».
Massimo Merluzzi