Sarzana, 2 marzo 2012 - Aiutano la loro ragazza da quando è nata e lo faranno sempre, ma ora iniziano a sentirsi soli. Non per colpa del Comune di Sarzana, ma perché l’Asl, tra un taglio e l’altro, non considera più i casi estremi. Protagonisti di questa storia sono Umberto Taglietti, dipendente Salt e Daniela Fasce, che gestisce un laboratorio di analisi. Abitano a Sarzana e hanno due figlie. Irene ha 26 anni e quando aveva 45 giorni ha iniziato a soffrire della sindrome di Lennox Gastaut. Una malattia che da neonata, le causava 160 crisi epilettiche al giorno. Solo due anni dopo è stato possibile fare una diagnosi precisa e per tanto tempo la giovane è stata curata in Francia. Ora Irene è seguita dal «Carlo Besta» di Milano, un centro neurologico di eccellenza, ma è l’Asl 5, a quanto pare, a creare problemi.

 

«Abbiamo sempre ritenuto nostra figlia un dono di Dio e il Comune ci aiuta - spiegano Umberto e Daniela - non capiamo però l’Asl. Una volta non c’erano problemi, ora tagliano tutto con il rischio di dover, poi, spendere di più». L’elenco è lungo. Tra i 6 farmaci di cui Irene ha bisogno ogni giorno, c’è il Frisum: 4 compresse ogni 24 ore. Non solo l’Asl non lo riconosce (e si paga il prezzo intero) ma nelle farmacie della zona arrivano solo confezioni con capsule indivisibili. Per dare metà dose, bisogna andare in Svizzera o alla farmacia di Città del Vaticano. E tutto perché la sindrome Lennox Gastaut non è nella lista delle malattie rare. «Abbiamo chiesto all’Asl di inserirla - racconta mamma Daniela - ci hanno detto di andare noi a Genova, in Regione, a chiederlo».

 

Poi c’è la storia della sedia. Irene ha spesso crisi epilettiche e per non farsi male le servivano sedie particolare. Le ha sempre prodotte una ditta di Reggio. I genitori andavano in Emilia, vedevano la sedia, l’azienda faceva le modifiche e alla fine pagava l’Asl. «Potevamo cambiare sedia ogni 5 anni ma l’ultima l’abbiamo tenuta 8. Ora bisogna cambiarla ma all’Asl l’appalto l’ha vinto una ditta veneta. Quelle sedie però non hanno i requisiti e non possiamocomprarle. E così siamo tornati a Reggio: la sedia costa 4.700 euro, l’Asl ne ha messi 2.700 e 2mila noi».

 

Infine c’è il letto. «Irene resta a volte sdraiata settimane intere e ha bisogno di un letto che si alzi e si abbassi -conclude Umberto - ora si è rotta la manovella e abbiamo chiesto all’Asl se potevano ripararla. Hanno detto che ci avevano già dato le scarpe ortopediche. E così Irene non ha più diritto al letto nuovo. Ma le scarpe le servono per muoversi dentro il deambulatore, una sorta di girello». Ultima novità. Ora l’Asl fornisce solo due ricambi di pannoloni al giorno. Non di più. Può la Regione, l’assessore Montaldo in primis, trovare i fondi per aiutare Irene e tutti coloro che sono in queste condizioni? Dovrebbe essere un dovere.

Andrea Luparia