Quel brutto biglietto da visita

Il commento

Roberto Borgioni

Roberto Borgioni

Perugia, 1 maggio 2016 - Ci eravamo illusi. La calma apparente degli ultimi mesi aveva fatto balenare l’ipotesi che Perugia non fosse più la «capitale» della droga, scomodissima etichetta appiccicata a una città dove, negli anni, decine di tossici sono venuti da tutta Italia a comprare lo sballo e, purtroppo, a morire con una siringa infilata nel braccio. Ci eravamo illusi, appunto. Perché gli ultimi giorni hanno fatto ricominciare la terribile e angosciante strage. Non è certo che sia stata un’overdose a stroncare la mamma di 37 anni trovata cadavere in mezzo alla strada, a due passi dal centro storico di Perugia, con accanto la figlioletta di sei mesi imbacuccata nel suo «ovetto». E però, anche se la sicurezza sulle cause del decesso potrà arrivare solo dopo gli esami tossicologici sul corpo della poveretta, la pista che seguono gli inquirenti è proprio quella.

Non ci sono dubbi, invece, sul fatto che sia stata proprio una dose letale a stroncare la vita di un cinquantenne, trovato cadavere a Fontivegge. Ciò che colpisce di più, aldilà della tragedia personale dell’ennesima vittima, è la location nella quale è stata individuata la vittima. Il corpo era riverso a terra sopra un tappeto di siringhe, ai piedi di uno dei piloni di cemento armato che sorreggono i binari del Minimetrò. Siamo a Fontivegge, che doveva essere il cuore pulsante della nuova Perugia. Siamo a due passi dalla stazione ferroviaria dalla quale, ogni giorno, transitano migliaia di passeggeri e che dovrebbe rappresentare il biglietto da visita della città. Invece è una terra di nessuno, un gigantesco cono d’ombra. E questo, oltre alle morti, è forse il fatto che fa più male alla città.