Strage del Macrolotto, Ferrari da testimone a indagato

Attimi di tensione nell’udienza di ieri mattina

La strage del Macrolotto

La strage del Macrolotto

Prato, 25 luglio 2015 - Non è stato un venerdì tra i più sereni per Marco Ferrari, testimone nel processo al capannone che ospitava la ditta di confezioni Teresa Moda. Una vicenda complessa, difficile, ma densa di significati. Forse per un’intera città. Nello specifico, sono a processo i fratelli Massimo e Giacomo Pellegrini, imputati in omicidio colposo plurimo. Il tecnico in realtà è un testimone sui generis, visto che è a sua volta indagato in un procedimento connesso per false informazioni al pm. Quando è stato sentito dal sostituto procuratore Lorenzo Gestri affermò di non aver fatto un sopralluogo in un immobile dei fratelli Pellegrini, in via Traversa del Crocifisso. In realtà Gestri aveva già letto una relazione firmata dallo stesso Ferrari, nella quale si raccontava di un suo sopralluogo effettuato nell’immobile, dopo l’incendio in via Toscana. Un mezzo autogol, che oggi è stato oggetto di alcune domande piuttosto taglienti da parte dello stesso giudice Fanales. Ferrari, in numerose occasioni ha detto di «non ricordare» o di non «essere sicuro». La voce dell’uomo però trasmetteva insicurezza a chilometri di distanza. Su un aspetto però è stato perentorio: nel ribadire cioè che la sua relazione venne redatta dopo la tragedia del 1 dicembre 2013.

Il giorno seguente i fratelli Pellegrini lo avrebbero incaricato di recarsi ul luogo per vedere dove erano ubicate le uscite di sicurezza. Ferrari, attraverso la planimetria dell’immobile, avrebbe individuato ben due uscite di sicurezza. Una tesi che non ha convinto né l’accusa, né tantomeno il giudice, che in più di un’occasione ha sottolineato come vi sia una specifica differenza tra una normale porta di ingresso in una stanza e un’uscita di sicurezza a norma di legge. Il processo, almeno nell’udienza di ieri mattina, si è giocato essenzialmente su questo punto.

Che, è bene sottolinearlo, non è mera forma, ma concreta sostanza. La Procura contesta la tesi di Ferrari, ricordando come la porta principale si aprisse verso l’interno (e non verso l’esterno come previsto) e come l’uscita sul retro portasse ad una piccola scala che, a sua volta, conduceva al tetto. Su questo punto il geometra, visibilmente in difficoltà, ha ammesso che la distanza tra le due uscite non fossero, in realtà, a norma, visto che la distanza tra le due era superiore ai trenta metri. Secondo Ferrari, parlando anche di altri sopralluoghi effettuati per i Pellegrini, ha voluto spostare la responsabilità dello scarso livello di sicurezza sugli affittuari cinesi.