Arriva il docufilm su Bresci, l'anarchico di Coiano che uccise il re

Il regista pratese Gabriele Cecconi parla del suo ultimo lavoro

Gabriele Cecconi

Gabriele Cecconi

Prato, 2 luglio 2017 - Monza, 29 luglio 1900. Ore 22: tre colpi di pistola, forse quattro, uccidono il re d’Italia, Umberto I di Savoia. A sparare, l’anarchico pratese Gaetano Bresci, nato a Coiano nel 1869. La sua è una vita da romanzo dissipata tra l’Italia e gli Stati Uniti, con l’epilogo che lo consegna ai manuali di storia. Del resto, si sa molto poco di lui, compreso della sua morte avvenuta nel 1901 nella Regia Casa di Pena di Santo Stefano. La sua vita diventerà un documentario diretto dal regista pratese Gabriele Cecconi.

Un documentario su Gaetano Bresci. Come è nata l’idea?

«Quando insegnavo storia ai miei studenti delle superiori. Benché Bresci sia un pratese, nessuno sapeva niente di lui. Anni fa scrissi una sceneggiatura per un lungometraggio a soggetto, ma non riuscii a trovare i finanziamenti. Quando, a gennaio, ho letto la tua recensione sul film Paterson di Jim Jarmusch nella quale ti stupivi che nessun cineasta italiano o pratese avesse mai pensato ad un film su Bresci, mi sono deciso a riprendere in mano la sceneggiatura e adattarla al documentario».

Come si intitolerà?

«L’anarchico venuto dall’America. Citazione letterale tratta dalla Storia d’Italia di Benedetto Croce, ripresa da Arrigo Petacco che l’ha usata per un suo libro su Bresci. Croce non dice come si chiama, parla di un anarchico. Vorrei restituire il nome a questo anarchico. La mia idea di cinema è raccontare storie che nessuno racconta»

Chi era Bresci?

«C’è chi lo considera un terrorista assassino e chi un idealista che ha sacrificato la sua vita per la costruzione di un mondo più giusto. Il mio intendimento è di capire, il mio approccio non sarà ideologico ma storico».

Molti misteri legati alla sua morte…

«Affronteremo anche quelli. Bresci si suicidò o fu ‘suicidato’? Tutti gli studiosi propendono ad avvalorare questa seconda ipotesi, sostenuta anche da Sandro Pertini che fu incarcerato nello stesso penitenziario. Bresci sarebbe stato ucciso a bastonate durante un ‘santantonio’, così veniva chiamata dai detenuti quella triste pratica. Sotto il pretesto di tentata ribellione le guardie gettavano sul disgraziato coperte pesanti e poi lo colpivano con i bastoni».

Pare proprio che ci sia stata una sorta di omissione nei suoi confronti. Nessuno ne parla…

«E’ vero, ma è stato uno sbaglio. Bresci è un personaggio importante e dobbiamo conoscerlo, sgombrando il campo da ogni ideologia con un punto di vista storico».

Quanta Prato vedremo?

«Quella di fine Ottocento, quella operaia, dei telai che battevano notte e giorno, del Fabbricone dove Bresci fu assunto e licenziato dopo che fu confinato a Lampedusa per aver organizzato uno sciopero contro lo sfruttamento pesantissimo. E poi la Prato di piazza del Duomo, del Comune, con i tricolori listati a lutto il giorno dopo il regicidio».

Quanti pratesi sul set?

«Il cast tecnico e artistico sarà tutto pratese a cominciare da me, sceneggiatore e regista. Operatore e direttore della fotografia Jonathan Chiti, fonico Riccardo De Felice, docenti della scuola di cinema Anna Magnani che fornirà parte della strumentazione e il personale tecnico. Pratese l’attore che interpreta Bresci, come il mio aiuto, Mike Ricci»

Quando vedremo il film?

«La lavorazione sarà lunga, gireremo a Prato, a Carrara, all’isola d’Elba, nel penitenziario di Santo Stefano. Le riprese termineranno nel 2018. Dipende anche da quanti finanziamenti riusciremo ad ottenere. Approfitto per lanciare una raccolta di fondi online. Oggi molti autori indipendenti utilizzano il crowdfunding e mi rivolgo a tutti i pratesi chiedendo loro di sostenere il film anche con una piccola donazione che possono fare accedendo al sito www.alfafilm.it. La donazione potrà essere deducibile. Spero che il film sia pronto per l’estate del 2018. Per ora il Comune ha concesso il patrocinio».