Francesco Borchi, il grande salto. "Il Met mi ha costruito le ossa"

L'attore pratese ha interpretato lo psicoanalista Antonucci nel film di Rai Storia

Francesco Borchi

Francesco Borchi

Prato, 23 luglio 2017 - Francesco Borchi è un attore pratese molto bravo. Seppur giovanissimo ha alle spalle un lungo percorso di ottimo livello, tra cinema e teatro (anche all’estero) cortometraggi, docu-film, web series e fiction. Per molti anni è stato uno dei componenti della Compagnia del Teatro Stabile del Metastasio. E per il futuro, tanti i progetti importanti.

Partiamo dalla sua ultima esperienza, la partecipazione al docu-film di Alberto Cavallini sulla vita dello psicoanalista Giorgio Antonucci, trasmesso da Rai Storia…

“Cavallini mi ha chiamato ad interpretare il personaggio di Antonucci, il grande psicanalista che ha lottato con tutte le sue forze contro i metodi duri della psichiatria. E’stato un lavoro condotto con allegria, nonostante i numerosi momenti toccanti della materia che affrontava. Sono orgoglioso di aver fatto parte di questo progetto che ritengo bellissimo e necessario. Avere poi conosciuto Antonucci è stata la ciliegina sulla torta; un momento di grande emozione”.

Lei da un po’ di tempo vive all’estero. Come vede Prato “da lontano”?

“Mi piacerebbe cavarmela rispondendo che ogni volta trovo un senso unico cambiato e una rotonda in più ma temo che non sia questa la domanda. Premetto che sono così spesso a Prato che non mi sembra di averla mai lasciata e non è mia intenzione farlo, quindi forse non riesco ad averne una visione così distaccata. Vedo però che in cambiamenti in scala nazionale e internazionale, Prato li sta vivendo tutti. Ma tutti proprio. E sento che il cittadino ne è consapevole e a volte spaesato, ed è anche comprensibile vista la rapidità dei tempi in cui avvengono. Ma sono sicuro che le nuove generazioni non avranno questo problema”.

Dopo lo scioglimento della compagnia del teatro stabile del Metastasio ogni componente ha iniziato un nuovo percorso professionale. Come ha vissuto questo momento ?

“L’esperienza con la Compagnia Stabile del Metastasio è durata quasi sei anni, un periodo molto lungo e intenso per poter vivere il giorno dello scioglimento come un giorno qualsiasi. Ma i cambiamenti si devono affrontare senza timore. E così ho fatto io. Sarò sempre grato a questo grande progetto, grazie al quale sento di aver costruito una ossatura forte, capace di farmi affrontare, con rinnovati stimoli, nuove avventure. Peraltro con il teatro Metastasio sono sempre in contatto e in ottimi rapporti. Mi mancano molto, ovviamente, alcune persone con le quali abbiamo condiviso tutto”.

Anni di tournée in tutta Italia. Che ricordi ha di quel periodo?

“A me piace moltissimo viaggiare. Dalla mia prima tournée con Romeo e Guliatta scritto diretto da Nikolaj Karpov, prodotto dal teatro stabile di Calabria, alle ultime tournèe con il teatro Metatastasio mi sembra che niente sia cambiato. Forse ho imparato a fare più in fretta la valigia, ma posso giurare di avere affrontato ogni tournée con la stessa passione e dedizione. Poi, certamente, esistono gli spettacoli dei quali si è più orgogliosi, e quelli meno. E da questo dipende moltissimo dal buonumore della compagnia, specialmente verso sera”.

A quali spettacoli è più legato?

“Direi al primo e all’ultimo anche se sono affezionato a molti altri spettacoli. Il primo fu, una dozzina di anni fa, Animali nella nebbia. Con questo spettacolo conobbi un grande regista come Paolo Magelli, col quale ho poi collaborato per molti anni. Ricordo l’emozione del primo giorno di prove al tavolino. A fianco di Pamela Villoresi, mi si ingarbugliava la lingua ogni volta che dovevo leggere. E poi l’ultimo, Porcile, di Pasolini, diretto da Valerio Binasco che mi ha fatto fare un lavoro da certosino sull’anima di Julian, il mio personaggio, e quindi sulla mia, fino al debutto al festival dei due mondi a Spoleto, dopo il quale gli applausi sembrava non finissero mai”.

Quali sono stati gli incontri più importanti della sua carriera?

“Partirei da lontano, perché se non avessi avuto a scuola la professoressa Vanda Simoncelli a darmi un ruolo nel saggio scolastico al Keynes, forse oggi non sarei qui. Poco conta che quasi mi obbligò a farlo perché mancavano maschi nel gruppo teatrale dell’istituto. Lì vinsi finalmente la timidezza e capii che il palcoscenico era uno luogo in cui mi piaceva stare. Vogliamo un incontro più importante di questo? Poi grazie al grandissimo professore di lettere ma soprattutto di vita, Gianni Conti, mi sono innamorato della letteratura e ho intrapreso gli studi umanistici, laureandomi in lettere e filosofia. Poi, in teatro, il primo grande incontro è stato con il regista Angelo Savelli; mi scelse per il ruolo di Romeo nel suo Jerusalem Juliet, nel 2002 al teatro di Rifredi. Credette ad un ragazzino senza alcuna esperienza e mi fece firmare il mio primo contratto. Il grande battesimo, la prima soddisfazione. Quello con Paolo Magelli è stato poi un incontro speciale. Con lui io, insieme ad altri attori della compagnia del Met, abbiamo fatto molti chilometri sul palcoscenico e portato spettacoli in molti teatri italiani e stranieri, e a festival di grande prestigio”.

Molte anche le esperienze di lavoro in Slovenia.

“Qualche anno fa, ricevetti il premio di miglior attore giovane al Mess Festival di Sarajevo, con uno spettacolo diretto da Magelli. Il giorno dopo fui contattato da una agenzia di cinema e la settimana seguente mi trovai a firmare un contratto per un film sloveno. Piran Pirano di Goran Vojinovic, che è stato presentato in molti festival di cinema. Da allora sono rimasto in contatto con la Slovenia e soprattutto con Lubiana, dove ho lavorato a diversi nuovi progetti di cinema e soprattutto dove ho incontrato Anja, mia moglie. La Slovenia è un paese piccolo ma che investe moltissimo nella cultura, e la gente rispnde con grande entusiasmo alle numerosissime iniziative di teatro, musica, ed eventi di qualsiasi tipo”.

Progetti futuri?

“A fine luglio verrà presentato al Motovun Film Festival il cortometraggio, The invisible hand of Adam Smith, un grande progetto internazionale con otto attori provenienti da otto paesi diversi, diretto da Slobodan Maksimovic. Attendo inoltre l’uscita ad un altro festival internazionale, vedremo quale sarà, del cortometraggio Fountain di Goran Vojinovic. Due grandi produzioni che mi vedono fra i protagonisti, insieme ad attori che probabilmente quasi nessuno conosce in Italia ma che sono star acclamate in Slovenia e non solo. Ho tanti progetti per il futuro ed un grande entusiasmo per il presente, ma il progetto più bello per me è sempre quello che mi vede con la mia famiglia e i miei amici”.