Benigni, Nuti, De Bernardi, Veronesi: ecco i David di Donatello pratesi

A Benigni sette statuette, a De Bernardi tre. Per Nuti due, Veronesi una. Clara Calamai sempre a secco nonostante i suoi 50 film

Giuliana De Sio e Francesco Nuti nel film «Casablanca Casablanca» con cui l’attore pratese vinse il David di Donatello nel 1984

Giuliana De Sio e Francesco Nuti nel film «Casablanca Casablanca» con cui l’attore pratese vinse il David di Donatello nel 1984

Prato, 27 marzo 2017 - Questa sera, con la diretta in onda su Sky, scopriremo i vincitori del David di Donatello 2017. Ma nel corso delle tante edizioni del premio più importante e più ambito dal cinema italiano, quante statuette hanno conquistato i cineasti pratesi? Il record spetta naturalmente a Roberto Benigni: può vantare ben 7 David su 9 candidature ottenute nel corso della sua quarantennale carriera cinematografica. Miglior attore protagonista per due volte, per «Il piccolo diavolo» nel 1989 e per «La vita è bella» nel 1998. Miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura sempre per «La vita à bella», a cui si aggiungono un David speciale della giuria per «Johnny Stecchino» nel 1992 e un David scuola ancora per «La vita è bella». Niente premi per la candidatura come miglior regista esordiente nel 1983 con «Tu mi turbi» e come attore protagonista nel 2003 per «Pinocchio».

Due David e una medaglia d’oro del Comune di Roma nel 1986 per Francesco Nuti. Primo premio conquistato nel 1983 come attore protagonista per «Io Chiara e lo Scuro». Cecco di Narnali bissa due anni dopo con «Casablanca Casablanca». Non si trasformano invece in premi le nomination per le interpretazioni di«Son contento» e «Tutta colpa del paradiso». Neppure nella categoria miglior regista esordiente per «Casablanca Casablanca». Un premio anche per il fratello Giovanni, autore di tutte le colonne sonore. La canzone scritta per «Stregati» è David nel 1987.

Cinque candidature e 3 vittorie per il grande sceneggiatore pratese Piero De Bernardi scomparso nel 2010, autore di oltre 200 sceneggiature in cinquant’anni di carriera. Solo nel 1977 arriverà il primo trofeo con «La stanza del vescovo» di Dino Risi, poi ancora nel 1986 con «Speriamo che sia femmina» di Mario Monicelli e nel 1988 con «Io e mia sorella» di Carlo Verdone. Niente premi per «Compagni di scuola» e «Ma che colpa abbiamo noi».

Un solo David per Giovanni Veronesi nonostante le 7 candidature: nel 1994 con la sceneggiatura di «Per amore solo per amore». A bocca asciutta con «Il ciclone», «Manuale d’amore» e «Che ne sarà di noi». Con quest’ultimo film, una vera e propria débacle di cui si parlò molto nell’edizione del premi del 2004: 12 nomination e neanche un premio. Incredibile. Due nomination come attrice non protagonista e nessuna vittoria per Pamela Villoresi con «Splendor» ed «Evelina e i suoi figli». E alla divina Clara Calamai va persino peggio. Neanche una candidatura per i suoi cinquanta film. Solo un Nastro d’argento nel 1946 con «L’adultera» di Duilio Coletti.