Rogo al Macrolotto, "Sì, nel capannone c’erano dei clandestini": l’ammissione del titolare di Teresa Moda

Serrato confronto col pm Gestri durante il rito abbreviato presenti le tv straniere / LE IMMAGINI DEL ROGO / IL SOPRALLUOGO DELLA POLIZIA-FOTO / LE VITTIME

IN AULA Un momento del processo svoltosi ieri

IN AULA Un momento del processo svoltosi ieri

Prato, 25 ottobre 2014 - C’ERANO clandestini e ha ammesso di saperlo, mentre ha negato, di fronte alle contestazioni del pubblico ministero Lorenzo Gestri avanzate sulla base di intercettazioni telefoniche, di essersi affrettato ad aprire un’altra attività con il ricorso a un prestanome, dopo l’incendio del Teresa ModaIl tutto appena dopo un paio di giorni dopo la tragedia. Sono alcune delle novità emerse ieri nella prima udienza del processo del rogo di via Toscana, dove il primo dicembre scorso persero la vita 7 operai cinesi. Alla sbarra Hu Xiaoping comparso davanti al giudice Silvia Isidori. Il processo secondo il rito abbreviato, si svolge a porte aperte, come richiesto dall’avvocato Gabriele Zanobini che difende l’uomo insieme alla moglie Lin Youli e alla sorella di lei, Lin Youlan, presunti gestori di Teresa Moda.

I TRE SONO imputati per omicidio plurimo aggravato, incendio colposo e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche e antincendio. Dopo che il difensore ha rivolto alcune domande all’assistito per ricostruirne la permanenza a Prato e gli anni in cui visse a Conegliano Veneto (dal maggio 2013 i coniugi presero ad abitare con il figlio nel capannone di via Toscana, ndr), è iniziato il lungo e puntuale esame del pm Gestri. Hu Xiaoping ha risposto con l’aiuto di un interprete cinese.

L’UOMO ha detto di aver vissuto a Conegliano Veneto dal 2009 al 2012, di essere tornato in Cina e di aver vissuto nel capannone di via Toscana nei sei mesi prima dell’incendio. Anche lui con moglie e figlio erano nel capannone durante il rogo, dove il lavoro era andato avanti fino all’una di notte, e si salvarono per un soffio. Le domande del pm Gestri hanno palesato vuoti di memoria dell’imputato che ha detto di non essere mai stato nel capannone Teresa Moda se non di esserci passato per caso (la strada è senza sfondo, ha fatto notare Gestri). Il pm con riscontri alla mano del Telepass ha dimostrato i frequenti viaggi di Hu Xiaoping da Conegliano a Prato sebbene lui abbia parlato di poche trasferte fra il 2009 e il 2012. Ha ammesso poi di aver avuto un conto corrente alla filiale Mps di via Roma che gestiva lui stesso e di essersi rifornito di merce da Teresa Moda per rivenderla a Conegliano, anche se non sapeva chi fosse il titolare della ditta.

E’ STATO il pm a ricordargli che le quattro aziende che si sono susseguite nel tempo nella fabbrica erano direttamente legate alle sorelle Lin, quindi a sua moglie e a sua cognata. La permanenza dell’uomo all’interno di Teresa Moda sarebbe stata trattata con la titolare formale dell’azienda, Li Janli, che per gli inquirenti è solo una testa di legno. La donna, infatti, nel marzo 2013 fu «pizzicata» in un centro massaggi di Roma, dove avrebbe fatto la prostituta.

E IL RUOLO di Hu Xiaoping nella ditta quale sarebbe stato? Durante l’esame del pm è emerso che a gestire l’azienda sarebbe stata la cognata, che avrebbe tenuto anche i rapporti con i proprietari dell’immobile e solo in sua assenza la moglie la gestiva secondo le indicazioni della sorella. Lui dava una mano nella consegna della merce, seguendo gli ordini della cognata. Anche sulle paghe dei neoassunti decideva la cognata.

ALLA TERESA Moda quanto si lavorava? Dalle 12 alle 13 ore al giorno a seconda del lavoro da sbrigare, ma secondo l’imputato Hu Xiaoping sentito ieri dal pm Lorenzo Gestri, mai fino a 16 ore, come qualche testimone avrebbe detto alla Procura.

LE DUE SORELLE Lin che erano presenti in aula, dovevano essere ascoltate ieri, ma il lungo interrogatorio dell’uomo ha fatto rinviare il loro turno a lunedì mattina. La sentenza si attende per la fine di novembre. In aula era presente anche Alessandro Gattai, avvocato di parte civile di Cgil Prato e Filctem. Sul processo si sono accesi i riflettori della stampa internazionale.