Mercoledì 24 Aprile 2024

Falda idrica troppo alta: due domande

Piero Ceccatelli

Piero Ceccatelli

Prato, 23 novembre 2014 - La falda idrica che sale sotto i nostri piedi, riporta la nostra città a quello che era decenni e decenni fa. Prima che il boom del tessile ci portasse a sfruttare quell’acqua che rappresentò assieme al vento e alla lana che giungeva dai pascoli della Piana una delle componenti che portarono i nostri antenati a dedicarsi al tessile. Ora che il lavoro si è per nostra sfortuna placato, la natura torna a fare il suo corso: attingiamo meno acqua e questa risale sfiorando le nostre cantine, invadendo i basamenti degli edifici costruiti con due piani interrati. La sede dell’Aci, della ex Cassa di Risparmio a Grignano. E la palestra Universo. Sott’acqua anche l’interrato di un condominio che si affaccia sulla via che si chiama non casualmente “delle Fonti“. E qui il problema si fa ancor più grave, perché a pagare le idrovore sono le famiglie. Con i problemi che le famiglie hanno in questi tempi magri.

Sull'onda (è il caso di dirlo) delle notizie diffuse sopratutto da questo giornale, il Comune ha varato una task force incaricata di studiare il fenomeno, individuare i rimedi immediati e - sopratutto - la possibilità di utilizzare se possibile quel ben di Dio facendo in modo che da bene non si trasformi in male. Alla task force e a tutti gli addetti ai lavori, due domande. La prima è che se il problema si manifesterà davvero con risvolti sociali è giusto che siano solo i privati a farsene carico? Oppure "l’effetto Venezia" andrà considerato alla stregua di una calamità da risolvere con l’intervento del pubblico? La seconda: dicono che l’acqua di falda sia avvelenata dalla trielina scaricata e quindi non utilizzabile a fini domestici. In caso contrario, potremo aspirare a un’autosufficienza idrica senza dover dipendere (anche in questo campo dove pure siamo ricchi) dalla solita Firenze?