Macrolotto, il sottopasso-fantasma. Serve solo a rane, anatre e zanzare

Costruito a regola d’arte, ma non ha strade d’accesso e di uscita

Il sottopasso fantasma del Macrolotto 2 (foto Attalmi)

Il sottopasso fantasma del Macrolotto 2 (foto Attalmi)

Prato, 4 luglio 2015 - Nell'immaginario di cantanti e scrittori l’immagine della «strada verso il nulla» ha sempre avuto un forte potere evocativo. Certo che se il tratto in questione si trova al Macrolotto 2, allora si perde un po’ di poesia e rimane solo la commedia all’italiana: una sensazione di spreco e degrado.

La zona in questione è quella tra Paperino e San Giorgio a Colonica, non molto distante dalla Declassata e dalla rotonda della Questura. Il protagonista è un sottopasso, che nella nostra città sono una bella croce. Spesso non riescono proprio bene: basti pensare a quelli che si allagano - via Ciulli docet - o a quelli dove si entra lungo due corsie ma si esce da una sola e viceversa...

Al Macrolotto 2 c’è invece un manufatto costruito apparentemente a regola d’arte, ma che riunisce su di sé la perfetta descrizione della cattedrale nel deserto. Un tunnel senza strada d’accesso né d’uscita. Si trova sotto la circonvallazione del Macrolotto 2 e, a quanto risulta, fu imposto ai macrolottisti ai tempi della progettazione dell’Asse delle industrie, in vista del ripristino della strada vicinale delle Fonti. Strada, quest’ultima, che però esiste solo al catasto. In realtà, con la stessa immaginazione che si deve utilizzare quando si guardano dei siti archeologici, si riesce ancora a individuare il tracciato della vicinale, seguendo la direttrice in entrata e quella in uscita dal sottopasso. Sempre a quanto risulta, però, il sottopasso dopo la costruzione è passato in consegna al Comune. E adesso se ne sta lì, in mezzo al nulla, manufatto di congiunzione che non congiunge nulla.

Ma sono le condizioni in cui versa il tunnel a meritare un’ampia descrizione. La vegetazione vi cresce molto rigogliosa grazie all’acqua (a detta di un occhio esperto si tratterebbe della falda che sale) che ha interamente ricoperto il punto di maggiore profondità dando vita a un laghetto artificiale, una specie di specchio palustre che è diventato naturalmente habitat perfetto di zanzare, rane e anatre. 

Ci sono anche gli immancabili murales lungo le pareti (perché ai graffitari basta avere una tela di cemento, non importa se attiva, dismessa o mai entrata in funzione, come in questo caso); sul frontone non manca il semaforo che, collegato alle centraline di rilevamento del livello dell’acqua, sarebbe pronto ad avvisare gli automobilisti del pericolo di annegamento. Strana città, Prato, dove i semafori di allarme allagamento stanno sui sottopassi inutilizzabili ma non c’erano su quelli dove tre donne hanno poi perso la vita...

Luca Boldrini