L'addio a Malaparte tra fascino e avversione

Un inedito di Emanuele Bettini sulla morte dello scrittore pratese

Curzio Malaparte (foto Coppini)

Curzio Malaparte (foto Coppini)

Prato, 19 luglio 2014 - Le impressioni "in diretta" sulla morte di Curzio Malaparte vergate di getto da chi dello scrittore pratese fu avversario e critico, oppositore politico e letterario.

Pubblichiamo qui uno scritto di Emanuele Bettini, pratese, artista a tutto tondo, autore di romanzi e racconti, ma anche pittore astratto di suggestive geometrie e colori, deceduto dodici anni fa. Il testo, che Bettini scrisse appena in città giunse la notizia della morte di Malaparte, rappresenta un inedito e a renderlo pubblico oggi nel 57' anniversario dalla scomparsa è Silvana Santi Montini, che di Bettini fu sodale e nel 2012 dieci anni dopo la morte ne raccolse i frammenti più significativi dell'opera nel volume "La scatola rossa. Emanuele Bettini, un eclettico pratese". Nello scritto Bettini mostra il contrastato rapporto con Malaparte: ostile ai suoi iniziali ideali politici e, sul piano letterario, al suo "dannunzianesimo e al suo narcisismo", ma anche progressivamente affascinato dalla sua figura, conquistato poco a poco dalla popolarità e simpatia che Curzio si era procurato con Battibecco, Maledetti toscani, il viaggio in Cina, la sua pratesità ostentata e autentica. Amore e odio, insofferenza e fascino: Bettini, uomo di sinistra convinto, non fu immune dai sentimenti che Malaparte suscitava con la sua stessa esistenza.

Fino a trovare un punto di umana e profonda solidarietà e coincidenza di sentimenti nell'(irrisolta) questione della presunta conversione religiosa di Malaparte sul letto di morte. Bettini, comunista, laico, ostile alla chiesa, condanna l'andirivieni di prelati e cardinali che le cronache dell'epoca annunciavano al capezzale del moribondo Malaparte. E ne coglie lo spunto per dettare le premature volontà in vista della sua morte che sarebbe avvenuta 45 anni più tardi: "niente fiori e abbriccichi, una bandiera rossa, un semplice carro". Anche nel momento della morte di Malaparte il razionale Bettini mantiene il proprio rigore: non andrà al funerale avendo in uggia le "baraonde ufficiali", contesterà le delegazioni di istituzioni e singoli pratesi che sarebbero accorsi a Roma per il primo omaggio alla salma. E ricorda il tardivo ma apprezzato (dall'interessato) abbraccio che Prato riservó a Sem Benelli, andatosene nel '49 e accolto poco prima dalla propria città natale per un riavvicinamento definitivo. Il finale è il disegno di quello che Bettini immaginava fosse l'ultimo viaggio di Malaparte: "divise, discorsi, benedizioni, gonfaloni, falsità, esagerazioni, vanità. Buona festa, buon divertimento". Eppure, sarebbe stato un funerale.