In mezzo alla rissa di via dei Tintori. Fra i pugni e le urla dei "nuovi padroni"

Uomini e donne si affrontano come nel Far West a pochi metri dallo "struscio" serale

Le immagini della rissa

Le immagini della rissa

Prato, 23 giugno 2015 - Sono appena passate le nove, in auto supero i varchi della ztl di via Tintori a passo d’uomo, come raccomanda la domenica sera d’estate in cui il centro si riempie di gente. Fortuna che procedo pianissimo, perché dal negozio all’angolo fra via dei Tintori e via Santo Stefano un uomo schizza fuori di corsa. Taglia la strada di fronte a me. Inchiodo e tiro un sospiro per non averlo investito. Ma forse l’urto con la macchina quasi ferma sarebbe stato uno scherzo per lui, rispetto a quanto avrebbe potuto accadergli. Dal negozio escono due, tre, dieci uomini e una donna. Alcuni aggrediscono quello che era uscito di corsa. Altri lo difendono. Persone alte, robuste, di pelle nera si picchiano senza ritegno: nel caos vola una scarpa. Il mucchio di sposta verso il marciapiede a destra. Dal finestrino dell’auto arrivano i rumori dei colpi come avevi ascoltato solo intorno a un ring. Il resto, sono urla acute, disperate e minacciose, anche di giovani donne.

La rissa diventa conflitto di popolo. Perché dal negozietto che pure sembra così piccolo o da chissà quante altre porte, sciamano in strada a decine. È una comunità che partecipa, tifa, grida. E sembra distratta da tutto il resto, me compreso che da qualche minuto scatto foto e registro video attraverso il parabrezza.Tre minuti e a picchiarsi restano in pochi. Chiamo la polizia al centralino. Mi dicono che dovevo fare il 113 ma accettano la segnalazione. La strada si sgombra e provo ad avanzare, affianco gli ultimi contendenti, me ne vado. Dietro, altre auto esitano a farlo.

E' una rissa che meriterà poche righe in cronaca: niente feriti gravi, lavoro di identificazione per la polizia col surplus del fastidio di riempire carte che forse non porteranno mai a nulla. Ma il cittadino che si trova lì in mezzo non può non indignarsi per questo lembo di Prato sotto l’abside del Duomo che custodisce gli affreschi del Lippi dove l’unica legge è quella dei muscoli di omoni grossi e vocianti, di donne che gridano nel mulinare di mani. Uomini e donne che picchiandosi fra loro bloccano il traffico e terrorizzerebbero i pedoni, se ancora qualcuno si avventurasse a piedi lì. Lì dove, come dice il primo pratese che incontro al parcheggio «tutto è peggiorato ora che hanno aperto la drogheria».

Il centro, il resto del centro scintilla di gente e di musica. Si va ad assaporare il Carmignano a Di Vini Profumi. Si festeggia la domenica sera dell’anno in cui il sole dura di più. Ma cinquanta metri più in là c’è la terra di nessuno dove ci si picchia in strada, si regolano i conti coi pugni - stavolta ci si è fermati a quelli - si scappa dal saloon e dove alla fine arriva lo sceriffo. Lì, dove la città non vive, ma spera di sopravvivere ai nuovi padroni che spaventano negozianti e residenti, li inducono ad andarsene e poi ne occupano i fondi e le case. E diventano ogni giorno un po’ più padroni nel Risiko nero di questa città.