Imane, è ancora mistero. ‘Quella donna non è lei’

L’esame del dna su un corpo ritrovato a Cento

Imane Laloua

Imane Laloua

Prato, 29 maggio 2016 - Non è di Imane Laloua il corpo rinvenuto a Cento nel 2004 e sul quale, giorni fa, è stato fatto l’esame del dna per capire se si trattasse o meno della donna scomparsa da Prato nel 2003. I legali della ragazza marocchina, ai quali si è affidata la mamma Zoubida Chakir, hanno fatto sapere che «i risultati della comparazione del profilo genetico del cadavere rinvenuto a Cento nel 2004 con quelli della signora Chakir Zoubida hanno dato esito negativo, la donna rinvenuta lungo l’argine del fiume Reno non è la figlia di Zoubida». Parole che trafiggono visto che la mamma di Imane aveva sperato che quel corpo appartenesse a sua figlia, una bella ragazza marocchina dagli occhi scuri e profondi che però sembra svanita nel nulla da ormai più di 13 anni.

Un’eternità, per una madre che non sa più cosa pensare. La sua misteriosa sembrava ad un punto di svolta ma la comparazione genetica non ha fornito il risultato sperato. Il corpo della donna, in obitorio dal 2004, non è quello di Imane. Imane aveva raggiunto nel 1995 la mamma Zoubida Chakir a Montecatini Terme, dove lavorava come badante. All’epoca era adolescente e studiava all’istituto alberghiero, poi dovette lasciare per lavorare negli alberghi della zona. Di Imane la mamma non ha saputo più niente da quel 27 giugno 2003: allora aveva 22 anni, si era sposata a 19 con un marocchino che entrava ed usciva dal carcere e fino al maggio di quello stesso anno aveva abitato a Prato insieme a connazionali e al marito.

Grazie all’associazione «Penelope Toscana» e all’avvocato Nicodemo Gentile era emersa la possibilità di fare il raffronto con questo corpo di donna mai stato riconosciuto. Lo spiraglio di speranza che si era aperto, però, è svanito rapidamente. Quel corpo non è di Imane, che oggi avrebbe 35 anni. L’associazione «Penelope Toscana» però non si fermerà qui. «Dal fascicolo emerge che la morte della donna, allo stato, senza nome è dovuto ad una asfissia meccanica acuta prodotta mediante strangolamento – spiega l’avvocato Gentile – si tratta, pertanto, di un omicidio ed è un dovere di ognuno contribuire all’accertamento della verità, anche perché sicuramente ci sono altri familiari che soffrono e che si disperano».