Un'aula di tribunale
Prato, 23 luglio 2016 - Una coppia solida, sposata da più di trent’anni, e un’eredità choc, di quasi 6 milioni di euro. Il marito però, durante un periodo di malattia della moglie, avrebbe tolto parte della cifra da un conto corrente cointestato e se lo sarebbe versato su uno personale. E al momento del sequestro, finalizzato alla restituzione di quanto sottratto dal conto, avrebbe compiuto azioni idonee per evitare di far trovare la cifra. Sono queste, in sostanza, le accuse che la donna rivolge all’ex coniuge ora a processo, difeso dall'avvocato Raffaella Pastore.
La storia risale a diversi anni fa. La moglie riceve dopo la morte del padre quasi 3 milioni di euro di eredità (l’altra va alla sorella), parte di essa viene destinata ad un conto corrente cointestato con il marito e la rimanenza finisce ad uso della donna che ne dispone le finalità a proprio piacimento. Il marito, dal 2003 al 2010, si occupa di gestire la somma, in concomitanza con uno stato di salute della moglie non ottimale. Passato il periodo più critico la donna chiede notizie dei soldi al marito, ed è proprio in quel momento che scopre la mancanza dal conto corrente di 1.250.000 euro.
Ieri si è svolta la prima udienza istruttoria, e la donna ha raccontato la sua versione. Il 9 settembre starà alla difesa del marito esporre la propria. La tesi difensiva si baserà anche sul fatto che il conto era sì cointestato ma con firma disgiunta, dunque l’uomo avrebbe potuto agire senza comunicare i fatti alla moglie. I soldi che il marito avrebbe sottratto dal conto sarebbero stati successivamente depositati in un altro conto corrente, intestato ai genitori, e successivamente trasformati in polizze e poi in lingotti d’oro. Anche la moglie è imputata, difesa dall'avvocato Alberto Rocca, per aver vietato all’uomo di entrare in casa. Una vicenda intricata che risale ad anni fa e che ieri ha visto andare in scena il primo capitolo.