Mercoledì 24 Aprile 2024

Strage Rapido 904, Brusca depone al processo

Il pentito è in videoconferenza dal carcere di Parma / LO SPECIALE: FOTO, VIDEO E TESTIMONIANZE A 30 ANNI DALLA TRAGEDIA

La testimonianza di Giovanni Brusca al processo per la strage 904 (LaPresse)

La testimonianza di Giovanni Brusca al processo per la strage 904 (LaPresse)

Firenze, 13 gennaio 2015 - E' iniziata, davanti alla Corte d'Assise di Firenze, la terza udienza per la strage del treno Rapido 904 Napoli-Milano del 23 dicembre 1984, che portò alla morte di 17 persone e al ferimento di 267 dopo l'esplosione di un ordigno a bordo mentre il convoglio attraversava la grande galleria dell'Appennino a Vernio. Oggi depone come teste, richiesto dalla difesa del boss Totò Riina, unico imputato nel processo come mandante della strage, il pentito Giovanni Brusca, in videoconferenza. Il capo di Cosa Nostra, così come le scorse udienze, è in videoconferenza dal carcere di Parma

"Non so nulla di come sono avvenuti i fatti, di questa strage non so nulla. Ma per me era palese che responsabile era Cosa Nostra - ha detto Brusca - Mi trovavo all'aula bunker di Palermo e Pippo Calò mi chiese di occultare, far sparire dell'esplosivo, che avevamo in parte anche noi, in particolare le mine anticarro - ha continuato  - perché, se lo trovavano, diventava una prova della sua corresponsabilità per quella strage". Incalzato dalla pm Pietroiusti, Brusca ha raccontato che era "a piede libero", nel 1984, al tempo del maxi processo, e che, durante una delle udienze si avvicinò a "Calò, alla sua gabbia, e mi disse queste parole da riferire a Totò Riina, mi chiese espressamente di distruggere elementi di prova, a suo carico, che cercavano gli investigatori".

Brusca ha ricordato il suo rapporto con Riina. "Quello che diceva lui io facevo. Ero il suo automa, il mio rapporto con Riina superava quello con mio padre". Quando Brusca riferì a Riina le parole dettegli durante l'udienza al maxiprocesso da Calò, riguardo al materiale esplosivo da far sparire, ha spiegato che il boss di Cosa Nostra gli rispose "con il sorriso sulle labbra. Nella modalità in cui mi rispose, capii che avevo parlato di una cosa che lui conosceva".

​Brusca ha poi parlato della morte di Falcone: "Il dottor Falcone era stato deciso che doveva essere ucciso dopo l'attentato a Rocco Chinnici, nel 1983. C'erano stati dei rinvii, per questioni interne a Cosa Nostra, e tentativi andati a vuoto. Si arrivò poi al 23 maggio 1992".