'E' come se fossi ancora sulla Concordia'

Il ricordo della donna che chiamò la figlia a Prato dando per prima l'allarme

Cettina Rovi

Cettina Rovi

Prato, 24 luglio 2014 -  «È come se si fosse ancora sopra la Concordia. Sto seguendo in televisione il trasferimento della nave dallo scoglio del Giglio al porto di Genova e l’emozione è davvero tanto grande. Vedo passare davanti ai miei occhi il terrore di quella serata in cui siamo stati in bilico con la morte». Concetta Rovi, affettuosamente chiamata Cettina, la pensionata di Messina scampata al naufragio della Costa Concordia del 13 gennaio del 2012, parla con la voce rotta dalla commozione per il momento storico che sta vivendo sebbene lontano dalla Toscana e lontana da quella nave da crociera. Non tanto lontano con il cuore e con la mente perché quella notte di apprensione non la abbandonerà mai più. E la sua storia resta indissolubilmente legata a Prato da dove, grazie a sua figlia, Lucia Calapai, è partito il primo e significativo allarme del grave incidente accaduto alla nave dei sogni e delle vacanze di migliaia di passeggeri. Cettina, quando con il salvagente al collo e la nave che si stava inclicnando sempre di più, aveva capito l’effettivo rischio a cui stava andando incontro, aveva avuto la forza di chiamare con il cellulare uno dei cinque figli, proprio quella Lucia che abita a Prato con la sua famiglia. E proprio la prontezza di Lucia di fronte all’accorata richiesta di aiuto della madre si è rivelata provvidenziale: non perse tempo prezioso e chiamò i carabinieri del comando provinciale di Prato. Furono proprio i nostri carabinieri ad attivarsi e a mettersi in contatto con la capitaneria di porto di Livorno, informando di quanto stava succedendo alla Costa Concordia di fronte all’isola del Giglio.

«Dopo quell’incidente non sono più salita su una nave. Sarà difficile che possa fare un’altra crociera o mi possa spostare con questo mezzo. Già non è stato facile entrare su una macchina e prendere l’aereo — racconta Cettina, rimasta a lungo traumatizzata per lo scontro della Concordia con lo scoglio delle Scole nelle acque del Giglio — Per molto tempo ho avuto la sensazione che anche la casa si spostasse, come se fossi ancora sulla nave che piano piano si è inclinata...». Fa una pausa Cettina e la mente corre veloce a quelle vittime innocenti. «Quei trentadue morti non ci sarebbero dovuti essere. Bastava solo che il comandante Schettino avesse dato ordine di scendere subito... E invece, nessuno sapeva che cosa dovessimo fare e dove dovessimo dirigersi. Anzi c’era chi invitava noi passeggeri a fare ritorno nelle cabine ed attendere la fine dell’emergenza».

Cettina ripercorre quegli istanti con grande lucidità, come se fossero avvenuti ieri. La ferita è sempre aperta, nonostante siano trascorsi due anni. «Non sono andata al processo di Grosseto e ho preferito chiudere quanto prima tutta la partita del risarcimento per cercare di ricominciare a vivere e a ritrovare un equilibrio — conclude — Sulla destinazione della Concordia non sono assolutamente d’accordo. Secondo me, dopo tutto quello che è successo, sarebbe stato opportuno che venisse trasferita in un porto più vicino e non a Genova».

Sara Bessi