Calderai, la musica indica la strada: "C’è sempre qualcosa da imparare"

Insegna pianoforte alla scuola Verdi. Il 21 il concerto in Lazzerini

Massimiliano Calderai

Massimiliano Calderai

Prato, 20 agosto 2017 - DOPO il ‘tutto esaurito’ dello scorso anno con l’omaggio a Morricone, lunedì sera alla corte della sculture della Lazzerini (ore 21,30 ingresso libero) torna Massimiliano Calderai con un tributo alla musica francese. Il bravo musicista e autore fiorentino da anni si è trasferito in città.

Lei insegna pianoforte moderno alla scuola di musica Verdi. Un bilancio?

«Molto positivo. La Verdi è un punto di riferimento in Toscana, al pari di un Conservatorio. Il corpo docente è di primissimo livello. Molti allievi che nel corso degli anni sono usciti da lì hanno intrapreso la professione di musicista. Inoltre vi è una particolare attenzione alla propedeutica e al dipartimento moderno rock pop jazz nel percorso amatoriale che è cresciuto molto in questi anni».

Lei è pratese d’adozione. Come vive la città?

«Prato mi ha adottato. Mi piace viverla. E’ una città molto vitale e propositiva, anche sotto il profilo musicale. Ci sono iniziative e manifestazioni tutto l’anno. Dalla Prato Estate, al periodo natalizio che prevede una programmazione sempre interessante. Fino alla variegata proposta della Verdi con concerti, seminari e gemellaggi. Il Metastaio e la Camerata Strumentale poi offrono sempre un programma di livello assoluto».

Prato e la musica; un rapporto stretto che dura da anni...

«I pratesi da questo punto di vista non deludono mai. Le numerose iniziative che vengono proposte vedono sempre una grande partecipazione di pubblico che sa apprezzare anche le proposte raffinate. Non è banale, né scontato. Non si riscontra dappertutto, nemmeno nelle grandi città».

Cosa è la musica per lei?

«E’la strada maestra. C’è sempre qualcosa da imparare e da scoprire. E la curiosità, la voglia di capire e di apprendere, sono l’essenza della natura umana. La musica è anche generosità, non solo perché ti chiede tanto impegno e sacrificio, ma anche perché trasmette una parte di te stesso agli altri».

La canzone francese nel Jazz. Come si svilupperà il concerto?

«E’ un omaggio alla musica francese e non solo. Con brani conosciuti della tradizione e qualche brano originale composto da me».

Qual è la forza di questa corrente musicale amatissima anche in Italia?

«Vi sono similitudini con la nostra cultura musicale. Basti pensare ai musicisti che sono diventati nel tempo anche punti di riferimento per noi e per il nostro modo di scrivere canzoni come Leo Ferrè, Jaques Brel anche se nato in Belgio, o Edith Piaf. Il tipico lirismo, i contenuti esistenziali e poetici, la malinconia che contraddistinguono il modo di scrivere la canzone francese, sono il tratto più significativo».

Quali sono le difficoltà tecniche nel proporre questo repertorio?

«Non bisogna cadere nei clichè: se suoni La vie en rose devi interpretarla, non basta rifarla in versione più o meno jazz. Vi è la stessa difficoltà quando si suona Summetime di Gershwin. Dopo tutte le versioni che sono state fatte e rifatte, tutte le volte deve essere la prima. E’quello che ci metti di tuo a fare la differenza. Se la suoni perché devi, meglio non farla».

Quali altri omaggi vorrebbe fare nei prossimi concerti pratesi?

«Non nascondo che dopo Morricone e i Beatles ce ne sono ancora diversi. Mi piacerebbe cimentarmi su altri compositori di colonne sonore. Michele Legrande ad esempio. Ma anche tanti poco conosciuti che verrebbe la pena di eseguire in concerto. Così come le commedie musicali degli anni 50/60 hanno colonne sonore bellissime. Vogliamo parlare poi di Jobim?».

 

Federico Berti