Addio a Paganelli, storico preside. Con lui la rinascita del Datini

Portò l’alberghiero a Prato e l’istituto raggiunse i 1.800 iscritti

Roberto Paganelli aveva 70 anni; è stato preside di Datini, Keynes e Copernico foto Attalmi

Roberto Paganelli aveva 70 anni; è stato preside di Datini, Keynes e Copernico foto Attalmi

Prato, 7 novembre 2016 - Aveva lasciato la cattedra da pochi anni dopo una lunga carriera alla guida di diverse scuole pratesi. Roberto Paganelli, 70 anni, è morto venerdì a Firenze. E’ stato preside di migliaia di studenti e difficilmente se ne troverà uno che non ne abbia un buon ricordo. Fiorentino, Paganelli ha diretto il Chinnici di Firenze e il Newton di Scandicci, poi si è trasferito a Prato, dove passando dal liceo Copernico e dal Keynes prima di approdare a quella che sarebbe stata la sua “creatura”: il Datini.

Già, perché il professor Paganelli ha trascorso quattordici anni dei suoi venti da dirigente scolastico proprio alla guida dell’istituto professionale di San Giusto. E non è stato un passaggio incolore, anzi. Perché Paganelli – con quel volto bonario da insegnante d’altri tempi, la pipa con la quale marcava il suo ufficio con l’odore dolciastro del tabacco, gli occhi sorridenti – era un decisionista e soprattutto un uomo entusiasta del suo ruolo di educatore. Non un lavoro, ma un compito di rilevanza sociale, così percepiva l’insegnamento, convinto com’era che ogni alunno contasse.

Il Datini, che a quel tempo non godeva di grandissima fama, è sbocciato con la sua guida, arrivando al numero esorbitante di 1.800 studenti, tanto da dover trasferire quattro anni fa l’indirizzo economico e quello sociale al Dagomari. E fu proprio lui a volere con forza un indirizzo diventato portante per il Datini: l’alberghiero. Diceva che “sentiva” quanto gli studenti volessero quell’indirizzo a Prato, costretti fino ad allora a emigrare a Firenze o Montecatini. Aveva ragione: molto prima che Masterchef e simili portassero al boom di iscrizioni, la sua scuola era diventata un eccellenza del settore.

Adorava anche l’indirizzo grafico, riuscendo ad aprire un’agenzia specializzata gestita dagli alunni all’interno dell’istituto.

Dei suoi anni a Prato ricordava dozzine di momenti bellissimi, ma anche le difficoltà di un contesto sociale non sempre facile. Per esempio la piaga dello spaccio scolastico, fronte sul quale era schierato in prima linea. Ricordava il dolore che provò nel fare installare le telecamere nei bagni per scovare i colpevoli: l’arresto di tre studenti lo ferì, ma spiegò alla scuola e alla città «il livello di guardia era stato superato» e che «era un dovere intervenire per il bene dei ragazzi». Perché a quello pensava ogni giorno dalla sua presidenza.

Era andato in pensione alla fine dell’anno scolastico 2011-2012, dopo gli esami di Stato, tornando fiorentino a tempo pieno, ma dopo aver lasciato un segno indelebile nell’educazione di migliaia di giovani pratesi. Che adesso lo ricordano con affetto.