'Parto tragico, cartella clinica modificata dopo ore'

L’Asl citata responsabile civile per il parto tragico avvenuto nel maggio del 2011

Una sala parto in un'immagine di archivio (foto Ansa)

Una sala parto in un'immagine di archivio (foto Ansa)

Prato, 15 settembre 2017 - L’Asl citata responsabile civile per il parto tragico avvenuto nel maggio del 2011. Si è conclusa ieri l’udienza preliminare che ha visto il rinvio a giudizio di due ginecologhe del Santo Stefano, Alis Iuliana Carabaneanu, 48 anni, di origini romene, e Benedetta Melani, 43 anni, pistoiese, che hanno assistito al parto della donna, all’epoca 45 anni. La bambina nacque morta – come sostenuto dall’accusa – a causa di «un’asfissia perinatale» dovuti ai ritardi nell’eseguire il taglio cesareo. Il pm Laura Canovai ha chiesto il rinvio a giudizio delle due dottoresse, una che seguì le fasi del travaglio della donna, l’altra che praticò il cesareo quando oramai era troppo tardi, dopo svariati tentativi di far nascere la piccola con l’uso della ventosa.

Il gip Angela Fantechi ha rinviato a processo le due donne archiviando la posizione di altri sette tra infermieri e medici che avevano assistito al parto. Fu il padre della neonata a sporgere denuncia ai carabinieri il giorno stesso del decesso sostenendo che la figlia era nata già morta, mentre l’Asl dichiarò che la piccola era deceduta subito dopo. Le due dottoresse sono ora a processo con l’accusa di omicidio colposo in concorso. La dottoressa romena dovrà rispondere anche di falso in atto pubblico. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la donna ebbe un malore quando seppe che la bambina era morta e fu portata al pronto soccorso.

Dagli accertamenti informatici disposti dal pm sui computer dell’ospedale, risulta che la cartella clinica della neonata venne modificata alle 11 della mattina (la bambina nacque alle 5 del mattino e la cartella clinica fui redatta alle 7) quando la dottoressa era ancora al pronto soccorso. Per fare la modifica fu usata una postazione diversa da quella della ginecologa romena ma con la sua password. Nella cartella fu scritto che al momento di tagliare il cordone ombelicale fu sentito il battito fetale. Particolare smentito dai consulenti della procura. La famiglia si è costituita parte civile.