Don Spagnesi, l’inchiesta punta sui soldi. Fra le accuse può comparire la truffa

La procura valuta se aggravare il quadro dei reati contestati al sacerdote indagato per spaccio. Le denunce dei parrocchiani

Don Francesco Spagnesi

Don Francesco Spagnesi

Prato, 17 settembre 2021 - I bonifici arrivavano direttamente sul conto corrente personale del parroco. E le donazioni erano delle più disparate: si va dai 100 ai 1.000 ai 1.500 euro. Probabilmente cif re anche maggiori, comunque di una certa importanza. E molte delle donazioni restavano tracciate.

Particolari che emergono dalle denunce dei parrocchiani dell’Annunciazione alla Castellina, che in queste ore si stanno recando in Questura per sporgere querela contro don Francesco Spagnesi, 40 anni, da 12 alla guida della chiesa nel quartiere bene della città.

La bomba esplosa martedì (giorno dell’arresto ai domiciliari) ha travolto come uno tsunami la comunità della Castellina, che aveva grande fiducia nel suo giovane parroco così brillante, coinvolgente, colto. Peccato che nascondesse un terribile segreto: da circa due anni era diventato tossicodipendente e da almeno sette aveva una relazione sentimentale con l’amico d’infanzia Alessio Regina.

Spagnesi e Regina sono ai domiciliari per spaccio di droga, in particolare cocaina e Gbl (la "droga dello stupro" capace di far perdere qualsiasi freno inibitore), che offrivano durante serate a sfondo sessuale con altri uomini reclutati su siti di incontri omosex.

La procura di Prato (il fascicolo è seguito dal pm Lorenzo Gestri) sta cercando di capire quante cessioni di droga sono state fatte nel corso del tempo dalla coppia agli invitati ai festini alcuni dei quali (una quindicina) sono già stati sentiti come testimoni. Ma il filone su cui ora si concentrano le indagini della procura, affidate alla squadra mobile, è quello dell’appropriazione indebita.

Un reato perseguibile a querela di parte e che per il momento si basa sulle denunce dei parrocchiani e sull’episodio in cui don Spagnesi chiede al suo vice, don Paolo Risaliti, indagato per appropriazione indebita, di dargli i soldi delle offerte delle messe prima che arrivi il contabile della Diocesi a ritirarli.

Le cifre più consistenti che il parroco avrebbe sperperato nella droga arrivavano comunque dai conti della parrocchia. Nell’ordinanza che dispone gli arresti domiciliari per il parroco si parla di prelievi a volte di 40.000 euro, a volte di 75.000 fatti nel giro di pochi mesi, come testimoniano le chat fra il sacerdote e il contabile.

Somme ingenti che il prete giustificava con generici "aiuti a famiglie bisognose". Gli ammanchi dal conto della parrocchia si aggirano sui centomila euro. E comunque la ricostruzione di quanto possa aver prelevato il prete non è argomento di indagine in quanto la Diocesi, per ora, non ha sporto denuncia e il reato è perseguibile solo a querela.

I riflettori sono per ora accesi sul denaro racimolato dal sacerdote fra i parrocchiani a partire dall’aprile scorso quando la Diocesi ha tolto a don Spagnesi la firma dal conto corrente della parrocchia dopo che il vescovo Giovanni Nerbini aveva scoperto la sua tossicodipendenza. E’ da aprile a fine agosto che il parroco, alla continua ricerca di soldi, fa partire messaggi Whatsapp direttamente sui cellulari dei fedeli per chiedere finti aiuti per famiglie in difficoltà. Ci sono assegni e bonifici dir ettamente sul suo conto personale che i parrocchiani facevano senza battere ciglio, non mettendo in dubbio la buona fede del prete.

D’altronde Spagnesi è rimasto al suo posto in parrocchia fino alla fine di agosto quando è stato fermato dalla polizia in auto con Regina dopo aver ritirato un litro di Gbl arrivata dall’Olanda. E’ stato lo stesso parroco a confessare di fare uso di droga nell’interrogatorio in procura e di essere insieme al compagno l’organizzatore di incontri a sfondo sessuale. Duecento le persone rintracciate nella rubrica del cellulare del parroco che avrebbero preso parte ai festini e a cui sarebbe stata ceduta la droga, quasi sempre gratuitamente, a volte con la richiesta di un "piccolo contributo". Quando basta per accusarlo di spaccio. Gli inquirenti dovranno valutare se contestare al parroco anche l’appropriazione indebita delle donazioni dei fedeli o direttamente la truffa.