Prato, 22 aprile 2014 - Non è vero che gli angeli non muoiono. Nel pomeriggio di Pasqua ne è morto uno. Un figlio adottivo di Prato, Michele Sciarillo. Tutta la città lo conosceva perché aveva fondato insieme a suo fratello Pasquale un locale che era divenuto leggendario, il Caffè al Teatro. Michele è morto a Maschito, un paese della Lucania conosciuto non solo perché nel 1943 fu per alcune settimane la prima Repubblica libera d'Italia a causa di una famosa rivolta popolare antifascista, ma perché la storia di questa terra iniziò all'epoca romana con il nome "masculetum" ovvero "terra di viti maschie", Aglianico.

La sua storia campestre divenne eroica quando nel 1467 Giorgio Skanderberg inviò truppe dall'Albania per combattere gli Angioini e nel 1478 vi fu, dopo la caduta di Croia, città cattolica dell'Albania occupata dai turchi, una prima grande migrazione di albanesi. Michele Sciarillo era fiero delle sue origini e oltre al pratese parlava perfettamente la lingua Arbëreshë, lingua nobile, albanese antico, che oggi solo intellettuali raffinati praticano.

Michele aveva fondato dunque il Caffè al Teatro nella storica sede dell'ex Circolo socialista e, d'estate in giardino e d'inverno in cantina, investiva tutti i suoi guadagni in attività culturali che servivano non a dare lustro a lui, ma a proteggere, finanziare, aiutare artisti giovani e vecchi che se lo meritavano e che anche ne avevano bisogno.
Era un mecenate povero di soldi ma ricco di anima e quando non poteva più aiutare apriva la cucina e amava dire "siediti, ti do una cosa e un bicchiere di vino".

Univa il nostro carissimo Michele la nobiltà e la fierezza degli ospiti discendenti di Skanderberg alla generosità pratese di una volta quando questa voleva e  poteva dare agli altri. A lui non interessava la decadenza di questo territorio, lui continuava con la sua generosità e insisteva nel soddisfare i bisogni degli artisti.
Perché sapeva che gli artisti veri sono in realtà spesso povera gente.

Ora che quest'angelo è morto è arrivato il tempo che le genti pratesi sappiano che al vecchio Caffè al Teatro sono stati amati e protetti Moni Ovadia, Claudio Morganti, Eimuntas Nekrošius, Massimo Castri, Remondi e Caporossi, Pippo Delbono, tutta la nostra Compagnia Stabile al completo, pittori, scultori, cantanti d'opera e di musica moderna, violinisti che sono poi diventati famosissimi, attori di tutte le sorti e categorie.
Caro Michele, ci sentivamo due volte la settimana e dall'ospedale avevi la forza di organizzare nel teatro di Maschito spettacoli di beneficienza, ce l'hai fatta anche a comprare un defibrillatore per il tuo paese.

Mi spaventava il tuo non voler parlare della malattia, il tuo voler essere allegro fino all'ultimo.
Mi arrabbiavo con te perché al telefono eri il primo a domandare "come stai?". Ti ho risposto male un paio di volte, perché ti voglio bene, un bene che m' impedisce di credere che tu sia morto. Un bene che mi costringe a credere ancora una volta che di là ci sia qualcosa, perché la gente come te non merita di morire.

L'ultima volta che ci siamo sentiti pochi giorni fa, non avevi più voce e mi hai detto "Paolo, Lisiana ti porterà un pezzetto del nostro formaggio, provalo!". Ti ho risposto " Michele, sei pazzo." e tu "macché pazzo, ti voglio tanto bene Paolo, ci sentiamo."
Sì Michele, ci sentiamo. E ci vediamo, angelo mio.


Paolo Magelli