Firenze, 15 agosto 2012 - "Vi ringrazio tanto per esservi preoccupati di me e della mia sicurezza, ma...". Robert Da Ponte, il Madoff della Maremma appena estradato dalla Germania dopo settimane di latitanza (e 250 milioni di euro che non si sa più dove siano), sorride nel carcere pratese della Dogaia dove ieri ha incontrato il giudice per le indagini preliminari Angelo Antonio Pezzuti per l'interrogatorio di rito.

Sorride, ringrazia ma, appunto, si trincera dietro il suo diritto di stare in silenzio: si avvale della facoltà di non rispondere, il faccendiere 63enne carico di segreti, e il gip Pezzutti dispone così il mantenimento della custodia cautelare in carcere. Ad ascoltarlo c'era anche il pm Gianni Tei, che con il collega Giulio Monferini conduce l'inchiesta sulla finanziaria Rothsinvest, la società di Zurigo della quale Da Ponte era direttore e che per anni aveva abusivamente raccolto milioni di euro di circa 500 clienti italiani desiderosi di gonfi interessi sul capitale e, soprattutto, di riservatezza agli occhi del Fisco. Da Ponte, difeso dagli avvocati Silvia Cocchi e Azzurra Tatti, è accusato di associazione a delinquere transnazionale finalizzata alla abusiva attività finanziaria e al riciclaggio.