Prato 4 agosto 2012 - In un anno Prato è passata dall’incubo di veder sparire, con la Provincia, tutti gli uffici territoriali decentrati faticosamente conquistati in passato alla possibilità di verderli esplodere di lavoro se dovranno occuparsi anche di chi vive a Empoli o nel Mugello o magari a Lucca e Massa Carrara, due delle ipotesi post riforma.

Monti ha cambiato le carte in tavola rispetto a quanto aveva previsto Calderoli: se da un lato ha mantenuto i famosi criteri dei 350mila abitanti e dei 2500 chilometri quadrati di estensione, sotto i quali le Province devono sparire, ha aggiunto un parametro che tutela la città perché adesso il capoluogo del nuovo ente deve essere quello con più residenti. In Toscana a parte Firenze non ci sono città più grandi di Prato e dunque qualsiasi riorganizzazione la vedrà come città-guida. Questo mette automaticamente al sicuro anche gli uffici periferici, a partire dalla questura e dal comando provinciale dei carabinieri.

Paradossalmente, però, ci potrebbe essere il problema opposto, ovvero quello di un ulteriore surplus di lavoro che dovranno smaltire strutture già pesantemente sotto organico (è di queste ore l’ennesimo allarme lanciato dal procuratore capo Piero Tony sul deficit della procura). Quando mercoledì il parlamento darà il via libera definitivo alla spending review, e senza novità visto che sarà posta la fiducia, i criteri impostati dal governo diventeranno legge e dunque operativi.

Toccherà poi al consiglio delle autonomie, entro sessanta giorni, disporre la riorganizzazione territoriale. Il presidente del consiglio comunale pratese, Bettazzi, è il vice presidente dell’organismo di rappresentanza di Province, Comuni e Comunità montane nel consiglio regionale e questo garantisce a Prato un ruolo di primo piano nella delicata fase di attuazione della riforma.

In questo momento ci sono tre ipotesi sul tavolo. Due sono figlie della spending review, la terza di una forzatura che il governatore Rossi si ostina a ritenere possibile nonostante la legge. Prato, in base alla riforma Monti, potrebbe finire con Empoli, Pistoia e il Mugello oppure con Pistoia, Lucca e Massa: in entrambi i casi sarebbero rispettati i parametri degli abitanti e dell’estensione territoriale e in entrambi i casi sarebbe proprio Prato a fare da capoluogo della nuova provincia perché è la città più grande. Questo è quello che potrebbe accadere sulla carta, ma Empoli e il Mugello sembrano assai poco propensi a lasciare Firenze per Prato e comunque, nel caso di un addio al capoluogo, ci sarebbero Comuni che preferirebbero addirittura l’Emilia, mentre l’eventuale accorpamento con Lucca e Massa creerebbe un «mostro» forse incontrollabile con un’estensione dalla piana al mare. In più, a parte Pistoia, è innegabile che i rapporti con Lucca, Massa, Empoli o il Mugello sono sempre stati assai limitati, basta pensare che proprio Empoli e il Mugello sono due delle zone peggio collegate a Prato che ci siano in Toscana.

La terza via di Rossi, cioé la superprovincia Firenze, Prato e Pistoia (più la provincia del sud con Siena, Arezzo e Grosseto e quella della costa) è logica dal punto di vista territoriale (anche Gestri è con lui) ma di fatto irrealizzabile perché le città metropolitane (Firenze), per legge, non si possono accorpare a territori limitrofi (Prato e Pistoia). Ma Prato e Pistoia senza Firenze non hanno i numeri per stare da sole e così si torna al punto di partenza. E se alla fine non succedesse nulla?