Prato, 18 febbraio 2011 - Il caso Terracciano, la vicenda degli stracci da Cozzolino (ieri otto arresti per l’omicidio) alle ordinanze cautelari dell’altro giorno, il riciclaggio di denaro sporco in aziende apparentemente sane della nostra regione, la mafia cinese che tratta centinaia di milioni di euro che partono dalla città e finiscono in Cina. Sarebbe da ingenui pensare a Prato come a un porto franco in relazioni ai grandi sodalizi criminali, ma la situazione a che grado di complessità si attesta? Secondo Francesco Nannucci (nella foto), vicequestore aggiunto e storico dirigente della squadra mobile pratese, «la penetrazione camorristica e mafiosa c’era sicuramente a Prato. Oggi? Qualcosa persiste, anche se si tratta di un fenomeno che probabilmente si è affievolito nel tempo per i ricambi generazionali».

 

Nannucci si spiega: «Le grandi forme criminali sono attratte dai soldi, che sia mafia, ’ndrangheta o camorra, e che il modo di fare soldi sia vicino alla liceità per nascondersi meglio». Non è un caso, secondo il dirigente della Mobile, che «la droga e le estorsioni siano stati per anno un grandissimo business per le famiglie criminali, ma poi sono diventati marginali perché si tratta di reati facilmente individuabili e indagabili e puniti severamente».
Quindi il pizzo a Prato non si paga? «Tendenzialmente direi di no — afferma — perché il pratese è sensibile a denunciare fenomeni del genere. Esistono fenomeni estorsivi, ma slegati dal crimine organizzato».

 

Con il senno di poi, le recenti indagini di polizia e carabinieri sui fenomeni di crimine organizzato in città permettono anche di vedere sotto una nuova luce episodi risalenti nel tempo: «Per esempio — continua Nannucci — alcuni incendi dolosi in capannoni che commerciano abiti usati e stracci e che erano difficilmente spiegabili. Stiamo indagando per cercare di capire se ci siano legami». un lavoro portato avanti con estremo sacrificio dagli otto «ragazzi» della sezione criminalità organizzata e straniera della squadra mobile di Prato, «che fa sacrifici enormi», dice il vicequestore.

 

Tornando alla presenza camorristica in città, Nannucci fa anche una sua previsione sul possibile incontro fra due fenomeni per adesso paralleli, la mafia cinese e quella italiana. «Prima o poi credo che si incontreranno — dice con sicurezza — e ci sarà una sorta di patto. Già in passato, per esempio con l’operazione “Uccello del paradiso”, scoprimmo dei legami fra i cinesi e la criminalità campana, anche se le indagini sono state poi portate avanti dai colleghi napoletani per competenza territoriale. Ma la comunità cinese è così grande che la criminalità orientale è capace di ricavare spazi al suo interno per le proprie attività, senza andare ad intaccare feudi italiani».

 

A proposito della prima vicenda legata alla camorra della quale abbiamo scritto in questi giorni, quella degli stracci che ha portato a diciassette arresti, ieri si sono tenuti alcuni degli interrogatori per i destinatari delle misure di custodia cautelare.

 

Il giudice per le indagini preliminari Rocchi, del tribunale di Firenze, ieri mattina era a Napoli per gli interrogatori. Almeno due degli accusati, Catello Russo (agli arresti domiciliari a Napoli) e Massimo Uliano (detenuto nel carcere napoletano a Poggioreale), difesi dagli avvocati Federico Febbo e Costanza Malerba del Foro di Prato, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.