Prato, 17 febbraio 2011 - Sono otto gli arresti per l'omicidio di Ciro Cozzolino, 43 anni, risalente al 4 maggio del 1999 a Montemurlo (Prato). Cozzolino, detenuto in semilibertà di origine campana, fu ucciso in un agguato di stampo camorristico. L'operazione 'Never give up' fa seguito a un'inchiesta delle squadre mobili di Firenze e di Prato, coordinata dalla Dda di Firenze. Per la morte di Cozzolino erano già state arrestate tre persone, poi assolte.

 

La nuova inchiesta ha ricostruito responsabilità e ruoli di altre persone che farebbero parte del clan camorristico che avrebbe deciso di uccidere Cozzolino, che avrebbe assunto un ruolo di rilievo in certi giri commerciali, entrando in contrasto con gli interessi di altri clan.

 

Delle otto misure cautelari, sette sono state eseguite: il destinatario dell'altro provvedimento è ricercato. Ciro Cozzolino, detto 'Vincenzo O'Pazzo', venne ucciso - secondo gli investigatori - perche' aveva assunto il predominio nel commercio degli abiti usati nella zona di Montemurlo, ritagliandosi un ruolo autonomo e intralciando, di
fatto, le attivita' commerciali dei clan camorristici Birra-Iacomino e Ascione-Suarino, attivi nella zona di Ercolano. Due giorni fa in Campania, Toscana ed Emilia Romagna e' stata compiuta un' operazione contro un maxi traffico di indumenti usati che aveva la base operativa a Prato: i carabinieri hanno compiuto 17 ordini di custodia cautelare.

 

 L' affare era gestito proprio da uomini del clan Birra-Iacomino. Per l'uccisione di Cozzolino (nell'agguato venne ferito anche il cognato Giuseppe Calcagno) vennero processati Michele Chierchia, Vincenzo Oliviero e Vincenzo Ascione. La Corte d'assise ritenne l'Oliviero autore materiale del delitto assieme ad un'altra persona non identificata, mentre Ascione e Chierchia organizzatori dell'omicidio. I giudici li condannarono all' ergastolo, ma poi vennero assolti in Appello e in Cassazione (aprile del 2004).


 

 

Lo scorso anno una nuova attivita' investigativa ha permesso di ricostruire la vicenda stabilendo ''un grave quadro indiziario a carico di mandati ed esecutori materiali dell' omicidio'', spiega la polizia. Cozzolino venne ucciso con vari colpi di pistola, una Makarov 7.62 in dotazione alle forze di polizia della ex Jugoslavia che venne ritrovata all' interno della Audi A3 su cui la vittima e il cognato erano appena saliti. I killer fuggirono a bordo di una Fiat Uno che era stata rubata il giorno prima a Montecatini Terme e poi abbandonata a Prato.

 

Queste le persone destinatarie di misura cautelare in carcere per l' omicidio di Ciro Cozzolino e i loro ruoli nella vicenda, secondo la polizia.

Palmerino Gargiulo: elemento di spicco appartenente al clan camorristico dei 'Francois'' di Torre Annunziata, all'epoca dei fatti legato al clan Birra-Iacomino di Ercolano; ha partecipato materialmente alla fase organizzativa e all'esecuzione di Cozzolino.

Giovanni Birra detto ''Giovanni a Mazza'': capo storico del clan camorristico dei Birra, all'epoca dei fatti detenuto, ha consentito la fornitura delle armi, l'appoggio del gruppo dei Francois e autorizzato l'intera operazione.

Antonio Birra: fratello del capo clan Giovanni, ha consegnato materialmente una delle armi utilizzate dai killer e ha fornito loro appoggi logistici.

Stefano Zeno: cognato di Giovanni Birra, anch'egli al vertice del clan camorristico dei Birra, all'epoca dei fatti detenuto, col cognato ha consentito la fornitura delle armi, l'appoggio del gruppo dei Francois e autorizzato l'intera operazione.

Giacomo Zeno: fratello di Stefano, aveva svolto insieme a Salvatore Di Dato, diversi sopralluoghi per individuare la vittima e consegnato insieme ad Antonio Birra una delle armi utilizzate dai killer.

Salvatore Di Dato: affiliato al clan Birra-Iacomino, aveva svolto insieme a Giacomo Zeno, diversi sopralluoghi per individuare la vittima e consegnato insieme ad Antonio Birra una delle armi utilizzate dai killer.

Giuseppe Chierchia: figlio di Michele Chierchia, vertice del clan dei Francois, aveva accompagnato il cognato Palmerino Gargiulo sul luogo dell'omicidio e ne aveva favorito la fuga subito dopo il delitto. Gli unici liberi al momento della notifica del provvedimento restrittivo sono Salvatore Di Dato e Giuseppe Chierchia.