Prato, 5 novembre 2010 - DUE MEDICI sotto indagine per la morte di una donna pratese di 49 anni, di origini svizzere, scomparsa a inizio ottobre, Gabriella Maria Grazia Cahenzli. Una vicenda complessa per la quale ben quattro consulenti specializzati sono al lavoro per stabilire se e come il decesso della donna sia collegabile alla sommministrazione di un farmaco antivirale prescritto dal medico di famiglia e incompatibile con la chemioterapia.

 

Le indagini, condotte dal sostituto procuratore della Repubblica Laura Canovai, per ora si concentrano su due professionisti, un medico di famiglia pratese di 53 anni e una dottoressa di Careggi, che lavora al reparto di oncologia, difesi rispettivamente dagli avvocati Dante Innocenti e Sabrina Gianni. Tutto è nato dalla denuncia-querela presentata dal vedovo, un pratese di 52 anni, assistito dall’avvocato Francesco Mandarano. Secondo il marito, che ha raccolto una dettagliata documentazione fatta di prescrizioni e referti, occorre fare luce sulla causa della morte della povera signora. La sua lotta contro il cancro al seno era cominciata nel 2001; fu operata da un luminare di Careggi, poi cominciò la chemioterapia e le cose sembrarono migliorare. Nel 2008, però, il tumore tornò, ma la paziente sembrò rispondere bene alle cure.

 

Tutto tranquillo o quasi fino alla scorsa estate, quando la donna ebbe un herpes. Il medico di famiglia le prescrisse un farmaco antivirale, ma subito averlo assunto accusò problemi (segni simili a cicatrici e dolore alla lingua). Su consiglio dello stesso medico, il marito la portò subito a Careggi al Cord (il centro oncologico), dove però la situazione non fu considerata particoalrmente grave, tanto che la paziente fu rimandata a casa. Il problema è che il 3 ottobre la donna è morta; ora ci sono quattro periti al lavoro (Lucia Astore per il vedovo, Brunero Begliomini e Gloria Manetti per la difesa, Alberto Albertacci per la Procura) che dovranno capire se e come la morte della donna sia collegata o collegabile all’assunzione di quel farmaco, la cui assunzione è fortemente sconsigliata in caso di pazienti sottoposti a chemioterapia. C’è scritto anche sul «bugiardino» del medicinale, come ha sottolineato il marito.