Prato, 17 maggio 2010 - Buongiorno e benvenuti su Trenitalia. O meglio: benvenuti in quella tratta dei regionali che, tra Viareggio e Firenze, porta ogni mattina migliaia di pendolari all’università o al posto di lavoro. Prato: le 8.20 di un giorno feriale, e puntuale (quello sì) il tabellone segna i minuti cronici di ritardo su tutti i treni diretti a Firenze: 10 minuti sul treno delle 8.15 per Campo di Marte, 10 su quello delle 8.28 per Firenze Smn; 10 anche su quello per Viareggio delle 8.29, nella direzione opposta.

 

Nasce da qui il fatalismo del pendolare, quell’atteggiamento di rinuncia a prevedere come andrà. Qualcuno corre verso il binario con sguardo indagatore: ce la farò? Quale treno prenderò? Il mio o quello prima, in ritardo? Qualcun altro guarda il tabellone all’ingresso e rassegnato già prende il telefono per avvertire che, anche stavolta, è andata male: la puntualità è un miraggio, così come tentare di organizzare arrivi e partenze con la tranquillità che dovrebbe derivare dalla consapevolezza che, infine, si vanno a percorrere “solo” 15 chilometri, «un tratto che - osserva Ilaria Londi, pendolare “da decenni” – in molte città si fa tranquillamente in metropolitana, senza dover aspettare mezzore. Io ho smesso da tempo di prendere appuntamenti alle 9 e se proprio non posso farne a meno allora prendo un treno molto presto, così sono sicura di arrivare».

 

L’incapacità di prevedere se e quanto ritardo accumulerà il treno porta a situazioni come quella di Piera Pini, in partenza per Roma con l’Eurostar: il suo treno parte da Firenze alle 10.10, ma lei è uscita di casa alle 8.30 «per trovare parcheggio ed essere sicuri di prendere un regionale da Prato che ci avrebbe portato a destinazione in tempo utile per non perdere la coincidenza». Già, perché è facile dire alta velocità, ma tutti i passeggeri che non hanno la fortuna di abitare in una delle città dove fermano Frecciarossa e Frecciargento devono fare i conti con le tabelle di coincidenza e calcolare i ritardi possibili. Non sarebbe niente aggiungere una ventina di minuti ai 90 che servono con il Frecciarossa per arrivare nella stazione capitolina.

 

Ma se poi si deve anticipare la partenza da Prato di mezzora per poter stare tranquilli che il treno si possa prendere, allora il discorso è diverso. A essere più inveleniti, facile a dirsi, sono coloro che vorrebbero semplicemente avere un servizio di trasporto senza intoppi. Per Francesca Sasso sui treni «si gela d’estate e si ribolle d’inverno» e, in definitiva, «il prezzo del biglietto è troppo alto per il servizio offerto».

 

La conferma arriva da chi col treno ci deve convivere: «Non c’è mattina che non siano in ritardo» sottolinea Anna Mirowska; «quando passano sono tutti stracolmi», sospira Giorgia Marangon, giovane lavoratrice. «Potrei metterci mezz’ora ad arrivare a lavoro – incalza Viviana Calandrini – invece il tempo raddoppia perché devo prendere il treno prima per essere sicura di non mancare la coincidenza con l’autobus». Giovanni Giusti, invece, preferisce perdere i treni troppo affollati «e aspettare quelli più vuoti». Soltanto che, per completare l’opera, spesse volte si deve aspettare in piedi: le seggioline nei gabbiotti d’attesa, infatti, in certi punti sono completamente saltate.