Prato, 6 febbraio 2010 - Se Prato e la Cina provano a dialogare, ancora più spesso fanno scintille. Ieri l’ultimo caso, ancora riferito ai controlli effettuati in via Rossini a metà gennaio e poi in altre zone. Il protagonista questa volta è stato l’ambasciatore in Italia della Cina, Sun Yuxi, mentre il «Sole 24Ore» sostiene addirittura che l’irritazione dei diplomatici orientali per la stretta sulla legalità a Prato potrebbe allontanare i capitali del Sol Levante dall’Italia.

Sun Yuxi è entrato in rotta di collisione col sindaco e la Lega dopo alcune dichiarazioni sull’operazione interforze del 19 gennaio scorso: «Sono stato informato dell’intervento delle forze dell’ordine con elicotteri, cani e decine di poliziotti e carabinieri e ne sono dispiaciuto», ha detto l’ambasciatore. Poi ha aggiunto: «Il centro tessile cinese di Prato è uno dei più grandi in Europa ed è un dato di fatto che quando i cinesi arrivarono negli anni ’80 le imprese pratesi erano sull’orlo del fallimento, quindi possiamo dire che i cinesi hanno contribuito e contribuiscono allo sviluppo dell’economia locale e nazionale. Sono al corrente del grande problema della contraffazione che viene largamente e severamente combattuta anche dal governo cinese. Quello che chiediamo è che le autorità italiane agiscano sulla base dell’uguaglianza e che su questo non contrastino anche le altre comunità. Contro gli atti illegali si deve agire, ma le imprese che lavorano nel rispetto delle leggi devono essere difese e garantite».

 

Non proprio d’accordo il sindaco Cenni: «I controlli del gruppo interforze nelle aziende cinesi fanno emergere un’illegalità diffusa e uno scarso rispetto delle leggi italiane. Spesso c’è una promiscuità fra le attività economiche e la residenza, si vive e lavora in ambienti malsani, in violazione delle norme di sicurezza e con la presenza di pericolose bombole di gas. Peraltro, negli ultimi controlli non mi risulta che ci fossero cani o elicotteri».

Non solo, «i controlli evidenziano lavoratori in stato di schiavitù, molti dei quali clandestini — continua Cenni — ed è sempre molto complesso procedere al riconoscimento e all’espulsione a causa della scarsa collaborazione da parte delle istituzioni cinesi». Infine l’ultima frecciata: «Speriamo che l’ambasciatore prenda atto della grave situazione creata dalla sua comunità a Prato, della quale fanno le spese anche e soprattutto quei cinesi ridotti in schiavitù e sulla cui pelle si arricchiscono illecitamente imprenditori orientali senza scrupoli. Mi auguro che ci possa essere una maggiore collaborazione dell’ambasciata per il riconoscimento e il rimpatrio dei clandestini».

Più dura la Lega: «L’Italia dovrebbe chiedere a Pechino il ritiro sia dell’ambasciatore che del console», tuona il commissario provinciale Federico Tosoni, mentre l’europarlamentare Claudio Morganti promette che la Lega «continuerà a fare quello per cui i cittadini l’hanno votata». Poi ancora: «Di controlli e di ispezioni ce ne saranno sempre di più finchè non si arriverà a una Prato più vivibile».

 

Infatti i controlli continuano. Nella serata di giovedì squadre della polizia, coordinate dal dirigente delle Volanti Fabio Pichierri, hanno effettuato un nuovo blitz. Nel mirino stavolta il gioco d’azzardo, attività lucrosa alla quale, stando a segnalazioni arrivate in questura, si sarebbero stabilmente dedicati negozi cinesi del Macrolotto Uno. Così alcuni agenti in abiti civili si sono infiltrati in questi esercizi commerciali, fingendosi clienti: all’interno di una piccola area di uno di essi, alcuni orientali seduti intorno ad un improvvisato tavolo da gioco stavano puntando denaro contante su carte da gioco di tipo francese.

 

I poliziotti si sono avvicinati al «tavolo verde» e nell’attimo in cui si sono qualificati hanno scatenato un immediato tentativo di fuga dei sei giocatori che però sono stati intralciati dalla necessità di recuperare, prima di scappare, il denaro delle puntate che hanno riposto alla rinfusa nelle tasche. Sono stati così bloccati: dei sei cinesi, di età compresa fra i 31 e i 44 anni, due hanno anche precedenti. Sono stati portati in questura e lì è scattato il sequestro di 630 euro delle giocate e delle carte. Tutti e sei sono stati denunciati per esercizio del gioco d’azzardo, Nel frattempo altri poliziotti stavano passando al setaccio altri locali pubblici fra via 1° Maggio, via Tiepolo, via Nuti e via Ciabatti e via Montalese (qui fra l’altro è stato individuato un libenese di 19 anni, clandestino, poi trattenuto in questura in attesa dell’individuazione di un posto in un Cie).

Nella nottata i carabinieri e agenti della polizia municipale hanno controllato la discoteca Number one di via Scarlatti: identificate più di cento persone, quattro i clandestini. Due sono stati denunciati e altri due, risultati inottemperanti ad ordini di espulsione, sono stati arrestati come previsto dalla legge Bossi Fini. Sono stati poi scarcerati dalla procura e saranno processati fra un paio di settimane.