«Sono un ragazzo per bene e ho amici italiani»

Ha risposto e si è difeso il 25enne marocchino di Ponsacco arrestato per istigazione alla jihiad I difensori hanno chiesto al Riesame la scarcerazione o i domiciliari

La Polizia e l’arrestatoLa Polizia e l’arrestato

La Polizia e l’arrestatoLa Polizia e l’arrestato

Ponsacco, 28 luglio 2015 - La liberazione o i domiciliari. Questa la richiesta dei difensori del 25enne marocchino di Ponsacco arrestato dalla Digos con l’accusa di propaganda e istigazione alla jihiad. «Vivo qui da 17 anni e ho tanti amici italiani». Lo ha detto oggi ai giudici del tribunale del riesame a Firenze, Jalal El Hanaoui, che si è difeso affermando di essere contrario all’Isis. Il giovane, secondo quanto appreso, avrebbe risposto anche alle domande su nuove contestazioni presentate dalla procura in particolare a foto e un video trovati nella memoria del suo Iphone. In una foto il 25enne ha in mano una pistola, il video sarebbe quello di una decapitazione fatta da un gruppo di militanti dell’Isis, ricevuto da lui tramite whatsApp. Il tribunale si è riservato la decisione: i difensori, Marco Meoli e Tiziana Mannocci, avevano chiesto la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare, mentre il pm Angela Pietroiusti ha chiesto la conferma del provvedimento cautelativo, la custodia in carcere. Secondo il giovane la pistola era giocattolo e la foto, nella quale comparirebbero anche alcuni suoi amici italiani, risalirebbe al 2014 mentre ha confermato di aver visto il video ma senza condividerlo con alcuno. Una tesi sostenuta con forza dai suoi legali. «Sono un ragazzo perbene - ha aggiunto El Hanaoui - e non mi sono mai nascosto, visto che da dicembre, da quando ho perso il lavoro, sono regolarmente iscritto alle liste di disoccupazione e sto anche studiando per prendere la patente in Italia». I suoi legali hanno poi contestato i principali capi d’accusa: secondo quanto appreso, gli avvocati hanno evidenziato che la navigazione sul web effettuata da El Hanaoui dimostra che ci sono semplici accessi ai siti ‘incriminatì, ma nessuna attività di pubblicazione o condivisione di quei contenuti così come le conversazioni ‘intercettatè non avrebbero connotati estremisti ma riguardano «le sue convinzioni religiose assolutamente lecite e non pericolose». Perciò, hanno concluso i due legali, non sussistono gravi indizi colpevolezza, né l’esigenza cautelare relativa al pericolo di reiterazione del reato, anche perché il pc e i 3 telefonini del giovane sono tuttora sotto sequestro. Da qui la richiesta di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare e l’immediata liberazione del loro assistito o, in subordine, la concessione degli arresti domiciliari.

Carlo Baroni