Giovedì 18 Aprile 2024

"La mia vita con una pallottola nella testa"

Parla Sassi: "Altro che sfortuna, sono un miracolato. E questa è l’Italia che funziona"

I rilievi della scientifica

I rilievi della scientifica

Pontedera,  28 novembre 2014 - «SONO un miracolato. Ho avuto la sfortuna di trovarmi dietro alla banda dei banditi in quel momento, ma ho avuto la grandissima fortuna di essere rimasto vivo. La pallottola ha mancato il cervello per un millimetro e mi è rimasta conficcata dentro la testa. Ma oggi sono qui. Qui davanti a lei. E posso raccontare quello che mi è successo: capisce?». Riccardo Sassi si toglie gli occhiali che indossa e chiede di appoggiare il dito sulla sua guancia colpita dal proiettile: «Guardi è entrato proprio da questo punto».

RICCARDO e sua moglie hanno un dono contagiante e prezioso: trasmettono gioia. Ridono, si emozionano fino alle lacrime e raccontano con la leggerezza di chi è forte il loro dramma: «la nostra vita dal quel giorno è completamente cambiata. Stravolta». Era il 18 giugno 2012, quando una banda armata assaltò un furgone portavalori al supermercato Panorama di Pontedera. Nella fuga, credendo che Sassi li stesse seguendo, aprirono il fuoco colpendolo in pieno volto. Lunedì scorso cinque componenti del commando sono stati pesantemente stangati dal giudice per ‘tentato omicidio’: condanne da 10 anni e otto mesi a 18 anni. «Il perdono? – dice Riccardo sorridendo – Va bene, ma fino ad un certo punto. Sono contento della sentenza. E soprattutto devo ringraziare tante persone che mi sono state vicine in questi due anni. Guardi, Pontedera e i pontederesi hanno fatto sempre sentire il loro affetto». «Mettiamola così – ride –. Mi sono fatto tanti amici».

«IN ITALIA – continua Sassi – ci lamentiamo tanto. Ma le istituzioni, qui da noi, hanno funzionato alla grande. Il pubblico ministero Giancarlo Dominijanni è stato perfetto nella sua ricostruzione in aula. La pallottola mi ha bruciato metà testa e da un orecchio non ci sento più, ma l’altro lo tenevo puntato, per ascoltare ogni sua parola che è stata perfetta. Ringrazio anche il giudice Giuseppe Laghezza. Così come spettacolare è stato il lavoro della squadra mobile di Pisa, del Ris anticrimine di Firenze e della squadra mobile di Pontedera diretta da Luigi Fezza». Ma la saggezza di Riccardo, che lo rende così grande, si evince dalle parole più semplici: «La provvisionale da 50mila euro che mi dovranno pagare? – dice senza scomporsi – Probabilmente quei soldi non li vedrò mai. Pace. L’importante è la salute». Che per lui significa convivere con una cartuccia piantata nella testa: «Ho fatto più di 200 visite – racconta – ma devo la vita al dottor Malacarne e alla dottoressa Anastasio».

«IN QUESTI due anni – continua – sono stato seguito dallo studio legale di Flavio Costamagna e Serena Degli Innocenti. Inoltre siamo sempre in contatto con l’associazione anti-crimine Fervicredo. Il presidente Mirko Schio e Clemente Iannnucci si sono adoperati in prima persona per far sì che mi fossero riconosciuti i sussidi in quanto colpito dalla criminalità organizzata e come vittima di arma da fuoco». Anche se Riccardo di soldi per ora non ha: «visto neanche un Euro». Ma non per questo rivendica qualcosa o è arrabbiato col destino o con qualcuno. Più volte ripete: «questo particolare non lo scriva. Mi faccia il favore. Ormai è passato. Lasciamo perdere. Mettiamo il positivo di questa storia». «Lei dice che sono sfortunato – rimprovera bonariamente – ma io non la vivo così. Non usiamo mezzi termini: io quella mattina sarei dovuto morire. Si può dire, non c’è niente di male: ‘dovevo morire’. E invece, sono qui grazie all’affetto della famiglia di mia moglie che mi ha accolto, mi ha curato e mi aiuta ogni giorno. La mia vita non è più quella di prima ma sono vivo. E’ un miracolo».

Saverio Bargagna