Martedì 16 Aprile 2024

Nasce all'ospedale di Pontedera la piccola... Jihad

"Viaggio" nei nomi dei piccoli: il terzo più usato è Mohammed

mamma

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Pontedera, 23 gennaio 2015 - Il suo nome è Jihad. E tradotto vuol dire qualcosa come: «colei che lotta». Ma per noi tutti, profani della lingua e della cultura araba, è un po’ come se si chiamasse: «guerra santa». Il nome è stato scelto dai genitori pontederesi di origine marocchina quando la piccola è venuta alla luce all’ospedale «Lotti» l’anno scorso. La scoperta la facciamo scorrendo i nomi dei nuovi nati a Pontedera negli ultimi tempi. E le sorprese, declinate rigorosamente all’interculturalità, non mancano. Basti pensare che Mohammed – scritto con o senza la lettera «U» nel mezzo – è il quarto nome più usato in città fra i piccoli che hanno visto la luce negli ultimi mesi.Per noi occidentali – e in senso giornalistico (che si sa tende a ‘semplificare’)– la parola Jihad ha un’accezione marcata e ben chiara: indica la lotta armata musulmana. «In realtà – spiega però l’imam Abu Zakaria, responsabile dell’istituto culturale islamico toscano di Santa Croce sull’Arno – è un nome piuttosto comune che non ha niente a che fare con tutte le tumultuose vicende che stanno attraversando il mondo oggi». «Il significato del nome femminile Jihad – aggiunge ancora l’iman – è ‘lottare’. Lottare contro le difficoltà. Lottare contro il male e contro il desiderio proibito». Insomma, nessuna provocazione? «Assolutamente no – chiosa Abu Zakaria – è un nome assai frequente fra le donne musulmane». Ma è possibile chiamare una bambina con questo nome anche in Italia? La legge che cosa prevede? In realtà il legislatore non prevede niente a riguardo. I limiti posti dalle norme vietano di dare un nome ridicolo o vergognoso. Al tempo stesso, però, prevede che siano leciti tutti i nomi stranieri dati ai bambini di cittadinanza italiana purché espressi con le lettere dell’alfabeto italiano con l’inclusione delle lettere: J, K, X, Y, W. Insomma, Jihad è pienamente nel rispetto della legge anche se, probabilmente, crescendo dovrà spiegare più volte che il suo nome non vuol dire quello che sembra. Un’occasione, per tutti, per andare oltre il banale.